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28 febbraio, 2010

Saharawi: il popolo, la storia ( ultima parte )

Il re, per bloccare iniziative di indipendenza del popolo Saharawi, annuncia una marcia popolare di occupazione pacifica di 350000 persone. I marciatori reclutati in tutto il paese, ricevono la consegna di una copia del Corano e bandierine verdi, il colore dell’Islam: da qui l'appellativo di “marcia verde” dato all’operazione. In realtà si tratta di una vera invasione nel territorio Saharawi con forze di polizia e militari.



La Spagna in cambio di una sostanziosa buona uscita si ritira, cedendo i territori a Marocco e Mauritania. (Accordo di Madrid l975).
La preoccupazione principale del Polisario diventa la protezione della popolazione civile dagli attacchi dell’esercito marocchino. Migliaia di persone si danno alla fuga attraverso il deserto fino al confine algerino, dove, nei pressi di Tindouf, viene allestita una prima tendopoli di accoglienza. L’esodo di massa avviene sotto i bombardamenti dell’aviazione marocchina.
Nel l976 il Fronte Polisario decide di proclamare l'indipendenza e la nascita della Repubblica Araba Saharawi Democratica (RASD).
La Mauritania ratifica con il Fronte Polisario nel l979 un accordo di pace.
Il Marocco invece, raddoppia lo sforzo bellico per occupare tutto il territorio dell'ex Sahara Spagnolo.
Il Fronte intende la sua lotta armata come una guerra popolare di liberazione- pertanto non ha mai utilizzato metodi di terroristici, né in Marocco né altrove. Nei primi anni ottanta il Polisario bussa a tutte le sedi internazionali all’inizio gli si aprono le porte dell’Organizzazione dell’Unità Africana (OUA), poi dell’ONU; solo più tardi quelle del Parlamento Europeo.
Il successo più clamoroso è l’ammissione della RASD all’OUA come stato membro nell'1982.
Pur essendo il referendum accettato dalle parti, la situazione si congela: né l’ONU né l’OUA sono in grado di imporre una soluzione congiunta. E’ soprattutto il disimpegno dell’Europa, verso la quale si indirizza una grande manovra diplomatica del Marocco che aspira all’entrata nella CEE.



Il Polisario presenta il referendum come 1'unico strumento che possa risolvere la controversia sotto gli auspici delle Nazioni Unite, aggira l’indifferenza o le dichiarazioni di impotenza dei governi svolgendo un lavoro capillare a tutti i livelli della società civile, illustrando la situazione dei profughi e chiedendo solidarietà sul piano dell’informazione e dell'aiuto materiale.
Nel dicembre 1986, la questione Saharawi approda al Parlamento Europeo.

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14 febbraio, 2010

Storie di gangster: Al Capone La strage di San Valentino



I newyorchesi non rimasero con le mani in mano e il 7 settembre uccisero Tony Lombardo, il cui posto di presidente dell’Unione Siciliana di Chicago venne preso da Pasquale Lolordo. Qualche mese dopo anche lui fu ucciso da “amici” che lo andavano a trovare a casa sua. Stessa sorte toccò anche ad Aiello, suo successore, nell’ottobre del 1930 e ad Agostino Loverdo. Ebbe invece fortuna Phil D’Andrea, uomo di Capone, che resse a lungo la carica e che morì anni dopo di morte naturale. Tra il 1927 e il 1928 Capone iniziò due trasferimenti: con il primo spostò il suo quartier generale all’Hotel Lexington, con l’altro iniziò a pensare alla sua vita da “pensionato” in Florida, dove si fece costruire una villa principesca a Palm Island.

Il Lexington era la sede e il motore di un’organizzazione pressocchè perfetta, che faceva guadagnare a Capone oltre 100 milioni di dollari l’anno soltanto con le attività legate alla “protezione”. Guadagni che iniziarono ad attirare l’interesse sempre crescente degli uffici dell’FBI che si occupava di frodi fiscali. Il 1928 fu un anno tutto sommato tranquillo, ma il 1929 si aprì subito con uno dei fatti di sangue più noti di tutto il Novecento: la strage di San Valentino. Il 14 febbraio di quell’anno, in una Chicago coperta dalla neve, Capone si sbarazzò definitivamente degli irlandesi: i capi di quello che rimaneva delle bande Moran, Weiss e O’Banion vennero fucilati di spalle in un piccolo garage. Ognuno dei sette morti venne trovato con almeno 50 proiettili in corpo.

A dire il vero per lungo tempo si pensò che Capone fosse estraneo alla strage: un po’ perché quello stesso giorno lui si trovava a Miami, convocato da un giudice federale che voleva vederci chiaro sui suoi introiti. E un po’ perché alcuni testimoni oculari videro aggirarsi attorno al garage – sia perima che dopo l’esecuzione – una pattuglia della polizia.



Per alcuni anni la tesi che a alcuni rappresentanti dell’ordine avesssero deciso di chiudere la bocca per sempre a gente che sapeva troppo sugli affari legati al contrabbando di alcol ebbe moltissimi sostenitori. Solo nel 1969 un vecchio gangster, Alphonse Karpis, confermò che la paternità dell’azione era da attribuire a Capone. Unico “sopravvissuto” alla strage fu Bugs Moran, ma fu soltanto un colpo di fortuna: Bugs infatti assomigliava moltissimo ad Al Weishank, che molto probabilmente fu ucciso al posto suo. Moran fuggì da Chicago il giorno stesso e non tornò mai più.

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07 febbraio, 2010

Il Brasile dalla dittatura al governo Lula . 2. Il golpe militare del 1964/1968



Cosa succede nel 1964? Molto rapidamente. Per una serie di avvenimenti storici in parte fortuiti (come la rinuncia improvvisa del presidente Jânio Quadros nel 1961) e in seguito ad una ascesa dei movimenti sociali in Brasile mai vista prima, si dà un avvicinamento sempre più "pericoloso" (per le classi dominanti) fra il populismo tradizionale - rappresentato dal presidente Joao Goulart per molti versi erede di Vargas -, la sinistra tradizionale comunista (clandestina ma presente nei sindacati) e una nuova sinistra emergente: la sinistra cattolica, che faceva una lettura sempre più radicale e anche "marxista" della dottrina sociale della Chiesa - soprattutto nel mondo studentesco e urbano - e il primo grande movimento rurale: le "ligas camponesas" di Francisco Julião, soprattutto nel Nordest brasiliano.

Il blocco dominante si sente minacciato dal "pericolo comunista" e, in questo è ovviamente insufflato dagli Stati Uniti che continuano, dopo Kennedy, la loro politica anticomunista viscerale in tutto l'America Latina (ricordiamo la paura dell'esempio cubano). Cosa voleva questo nuovo blocco effervescente, che per un breve periodo, dal 1961 al 1964, è rimasto in stati nascenti come direbbe Weber - e a cosa avrebbe portato è ancora oggi oggetto di discussione. I militari e la destra dicono che hanno salvato il paese dal comunismo, che non aveva nessun rispetto dei diritti democratici e che voleva instaurare una dittatura; la sinistra dice invece che probabilmente quello che sarebbe successo era semplicemente un allargamento dei diritti individuali e collettivi con l'inclusione - finalmente e per la prima volta nella storia brasiliana - delle masse operaie e contadine attraverso quello che il presidente Goulart chiamava la "riforme di base": in primis la riforma agraria, ma anche una riforma della scuola, dell'educazione, del lavoro, un rafforzamento dell'industri pubblica, un maggior indipendenza dall'influenza degli Stati Uniti, una politica di non allineamento, etc ...

Insomma, una prima effettiva rottura con il modello oligarchico elitista e dipendente che aveva dominato la storia del Brasile per secoli, operata attraverso una saldatura - difficile e precaria - fra la tradizione populista e la "sinistra" socialista dove ci sarebbe stata, per la prima volta, non una rivoluzione solo dall'alto, ma anche "dal basso" con una presenza significativa della masse urbane e rurali tradizionalmente escluse dal potere.

Di fatto, il golpe militare ha brutalmente fermato questa possibile evoluzione della storia politica brasiliana e di grande parte dell'America Latina, prima, nel 64 in modo poco cruento (di fatto c'è stata poca resistenza civile e quasi nessuna resistenza armata: il che dimostra che la paura di una dittatura comunista era fantasiosa: dove erano infatti le cellule armate comuniste che avrebbero preso il potere?) e poi soprattutto nel 1968 con il vero e proprio golpe militare "duro" e l'inizio di una resistenza civile e militare da parte dell'opposizione al golpe: tentativi di guerriglia urbana e rurale, desaparecidos, torture, prigioni, esili, chiusura dei pochi spazi democratici rimasti, controllo totale dei militari sugli apparati dello Stato e sui mezzi di comunicazione, etc ...

È significativo - perché gravido di conseguenze politiche - l'atteggiamento della Chiesa Cattolica che aveva appoggiato apertamente il golpe del '64, assieme ad ampi strati di classe media "spaventati" dal comunismo, ma che cambia posizione - direi in modo relativamente rapido trattandosi della Chiesa cattolica - fino a diventare una delle più forti e efficaci, quando non l'unica, forza di opposizione al regime militare, che della difesa dei valori occidentali e cristiani contro il comunismo ateo aveva fatto una delle sue bandiere. Si tratta ovviamente di una parte della chiesa, però significativamente di un parte che includeva assieme il popolo la gerarchia (il che per esempio non si è verificato con la Chiesa del dissenso italiana ed europea - Diverso fu anche l'atteggiamento della Chiesa cattolica argentina che appoggiò sempre apertamente la dittatura, con poche eccezioni)

Con la dittatura militare che dura 20 anni, fino al 1984, abbiamo una brutale restrizione dei diritti individuali e un timido tentativo di ampliare i diritti sociali rispondendo in qualche modo, do forma autoritaria e paternalista, alle esigenze espresse dei lavoratori urbani e rurali: si mantengono i sindacati anche se strettamente vigilati, si creano sindacati rurali e si promuove un certo tipo di "riforma agraria" sulle terre pubbliche e soprattutto incentivando la colonizzazione delle "frontiere" agricole del Nord e del Centro Ovest: Amazzonia in particolare ...

E si promuove una politica di potenza con una forte presenza dello Stato nei settori dell'economia considerati chiave ai fini della sicurezza nazionale: trasporti, comunicazioni e tele-comunicazioni, industria pesante, industria bellica e perfino centrali atomiche.


È la fase della chiamata modernizzazione conservatrice: il paese si modernizza anche utilizzando abbondanti capitali esteri generosamente offerti dagli organismi pubblici e privati di credito (origine dell'immenso debito pubblico che peserà agli inizi degli anni 80) in quei settori considerati strategici per l'ideologia della sicurezza nazionale (che è l'ideologia dominante che fa da collante al blocco civile-militare al potere) ma senza cambiare l'assetto di potere del blocco dominante che continua a mantenere i suoi privilegi, adesso ancora di più entrando negli apparati dello Stato, approfondendo la politica di "privatizzazione dello Stato", messo a servizio di interessi privati dei gruppi dominanti: basti pensare, per esempio,alle concessioni pubbliche dei mezzi di comunicazione di massa.

Il paese cresce, la ricchezza cresce ma non è divisa se non di maniera molto diseguale: il Brasile continua ad essere (fino ad oggi) un paese ricco e diseguale (senza distribuzione di rendita).

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06 febbraio, 2010

LA "SANTA" INQUISIZIONE . Tecniche di tortura medievali




Liquidi bollenti
La bollitura e la friggitura dei prigionieri rappresentavano due torture dal modus operandi molto semplice: si riscaldava un enorme calderone pieno d'acqua o, preferibilmente, olio fino alla bollitura, dopodiché vi si immergeva la vittima, molto spesso inserendo prima la testa. (fig A)
Un'altra modalità d'esecuzione era friggere in una vasca o su una griglia il condannato (fig B).
Ancora, quando i carnefici desideravano prolungare l'agonia del prigioniero, lo legavano e lo immergevano in una vasca colma d'acqua od olio, cosicché rimanesse fuori la testa, dopodiché si accendeva un fuoco (fig C).






Il toro di bronzo
Altre modalità di tortura per mezzo del fuoco sono presenti nella figura: la vittima viene amputata ed infine i carnefici ne friggono le membra (fig. A).
Arrostiti vivi nel toro di bronzo (fig B): l'ingegno di questa macchina da tortura consisteva nella predisposizione ad arte di alcuni flauti cosicché quando la vittima, inserita nel congegno che si scaldava a dismisura, gridava dal dolore per mezzo di questi condotti sapientemente studiati il toro emetteva un musicale muggito. La leggenda vuole che il suo inventore, il greco Perillo, alla presentazione del diabolico marchingegno al suo sovrano, fu costretto dal sovrano stesso a venir arrostito nel toro, fornendo, citando Ovidio "...la prima prova del suo crudele mestiere".
Infine, in fig. C, viene illustrata una persona fritta sulla griglia.






Torture mistiche
A. Le mani vengono riempite d'incenso e carboni vivi, costringendo il condannato a liberarsi dell'incenso; si tratta di un sacrificio all'Idolo.

B. La vittima indossa una tunica di ferro rovente e calzature bollenti che ne consumano la carne fino all'osso.

C. Seduto sulla sedia metallica mentre un elmo rovente viene posto sulla testa.

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02 febbraio, 2010

Pedro Alonso Lopez ( Parte 3 )



...Nell’aprile del 1980, vicino ad Ambato, Ecuador, gli effetti di una inondazione costringono le autorità a rivedere le proprie convinzioni riguardo l’impressionante serie di persone scomparse. Vengono infatti alla luce i resti di quattro ragazze. Difficile stabilire le cause della loro morte, facile invece concludere che qualcuno ha cercato di occultarne i corpi alla vista di occhi troppo curiosi.
Alcuni giorni dopo, un’abitante del luogo, una certa Carvina Poveda, si reca a effettuare compere al mercato. La figlia Maria, dodicenne, l’accompagna. Uno sconosciuto tenta di rapire la ragazza. La donna piange, strepita e chiama aiuto, mentre l’uomo tenta di lasciare in fretta la zona, con la ragazza stretta fra le sue braccia. Gli addetti alle vendite accorrono rapidamente, catturano l’uomo prima che questi possa fuggire e lo trattengono fino all’arrivo della polizia.
Pedro è stranamente tranquillo e quando gli agenti lo traducono al commissariato la loro prima impressione è quella di avere tra le mani uno squilibrato. Pedro non collabora, sceglie di rimanere in silenzio e si rifiuta di rispondere a qualsiasi domanda. Gli investigatori decidono così di cambiare strategia e di utilizzarne una del tutto differente.
In cella assieme a lui viene messo Padre Cordoba Gudino, un sacerdote. La speranza è quella che l’indiziato si confidi col prete e gli possa rivelare quali siano in realtà i suoi crimini.
Non occorre attendere troppo tempo, perché quasi subito Pedro inizia a raccontare. Il giorno successivo ha rivelato così tante e orribili cose che padre Cordoba chiede di potere uscire dalla cella. Quello che le sue orecchie hanno udito è troppo e non può sopportare oltre.
In seguito ai dati rivelati durante il colloquio con Padre Gudino, gli investigatori mettono alle strette Pedro, ora sono in possesso di nuovi e sconvolgenti elementi. Il serial killer crolla.
Pedro confessa di avere ucciso 110 ragazze in Ecuador, 100 in Colombia e più di 100 in Perù.
«A me piacciono le ragazze dell’Ecuador» dice. «Sono molto docili, gentili e innocenti, danno maggiore confidenza; non come le colombiane che sospettano degli estranei.»
Nel corso delle sue confessioni, Pedro giustifica i crimini con la propria dura vita e un’adolescenza difficile e solitaria.
«Persi la mia innocenza all’età di otto anni» spiega. «Così decisi di fare lo stesso nei confronti della maggior parte di ragazze che potevo incontrare.»
Quando gli chiedono in base a quali caratteristiche scegliesse le sue vittime, Pedro spiega che la maggior parte delle volte gironzolava per i negozi dei villaggi allo scopo di selezionare i suoi bersagli, il criterio solitamente preferito: quello di “una certa aria d’innocenza”. Le uccideva sempre all’ultima luce del giorno, perché non voleva che l’oscurità nascondesse lo spasmo della morte.
Quando gli chiedono cosa intenda con queste parole, Pedro spiega che dapprima violentava la sua vittima, per poi strangolarla mentre la guardava negli occhi. Che provava il massimo del piacere e una forte eccitazione sessuale osservando la loro vita che fuggiva via.
In seguito dichiarò che l’orrore continuava anche dopo la loro morte. Spesso interpretava un orrido “party” con i corpi delle piccole ragazze, sistemandole nel modo più opportuno e parlando con loro.
Inizialmente la polizia è scettica riguardo agli orrori raccontati da Pedro e i legami con la Colombia non sono tali da consentire la verifica del suo racconto. Ma come Pedro capisce che gli investigatori dubitano di lui e delle verità che ha loro raccontato, si offre di condurli nei vari punti di sepoltura che ha seminato per il paese. Gli investigatori accettano e pianificano l’azione.
Alcuni giorni dopo la sua confessione iniziale, Pedro viene prelevato dal quartier generale della polizia. Il convoglio di agenti segue alla lettera le sue istruzioni e si reca nei posti da lui segnalati. I dubbi degli investigatori scompaiono del tutto quando Pedro li conduce in una località isolata nelle vicinanze di Ambato, dove scoprono i resti di 53 ragazze, di età compresa fra gli otto e i 12 anni.


Nel corso della giornata Pedro li guida in altri 28 siti, tuttavia nessun altro corpo viene trovato. Alcuni investigatori pensano allora che gli animali ne abbiano sparpagliato i resti e le piogge abbiano completato il resto del lavoro portandoli via chissà dove.
Una volta ritornati al commissariato Pedro viene velocemente incriminato di 57 omicidi, benché lui stesso, nelle sue dettagliate confessioni, ne reclami 110. Il direttore della prigione, Victor Lascano, spiegò in seguito: «Se qualcuno confessa 100 omicidi e si trovano i corpi di 53 vittime, allora dobbiamo credere a quello che dice.» Ai reporter confidò anche che: «Ritengo la sua stima di 300 omicidi assai scarsa.»

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