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14 febbraio, 2010

Storie di gangster: Al Capone La strage di San Valentino



I newyorchesi non rimasero con le mani in mano e il 7 settembre uccisero Tony Lombardo, il cui posto di presidente dell’Unione Siciliana di Chicago venne preso da Pasquale Lolordo. Qualche mese dopo anche lui fu ucciso da “amici” che lo andavano a trovare a casa sua. Stessa sorte toccò anche ad Aiello, suo successore, nell’ottobre del 1930 e ad Agostino Loverdo. Ebbe invece fortuna Phil D’Andrea, uomo di Capone, che resse a lungo la carica e che morì anni dopo di morte naturale. Tra il 1927 e il 1928 Capone iniziò due trasferimenti: con il primo spostò il suo quartier generale all’Hotel Lexington, con l’altro iniziò a pensare alla sua vita da “pensionato” in Florida, dove si fece costruire una villa principesca a Palm Island.

Il Lexington era la sede e il motore di un’organizzazione pressocchè perfetta, che faceva guadagnare a Capone oltre 100 milioni di dollari l’anno soltanto con le attività legate alla “protezione”. Guadagni che iniziarono ad attirare l’interesse sempre crescente degli uffici dell’FBI che si occupava di frodi fiscali. Il 1928 fu un anno tutto sommato tranquillo, ma il 1929 si aprì subito con uno dei fatti di sangue più noti di tutto il Novecento: la strage di San Valentino. Il 14 febbraio di quell’anno, in una Chicago coperta dalla neve, Capone si sbarazzò definitivamente degli irlandesi: i capi di quello che rimaneva delle bande Moran, Weiss e O’Banion vennero fucilati di spalle in un piccolo garage. Ognuno dei sette morti venne trovato con almeno 50 proiettili in corpo.

A dire il vero per lungo tempo si pensò che Capone fosse estraneo alla strage: un po’ perché quello stesso giorno lui si trovava a Miami, convocato da un giudice federale che voleva vederci chiaro sui suoi introiti. E un po’ perché alcuni testimoni oculari videro aggirarsi attorno al garage – sia perima che dopo l’esecuzione – una pattuglia della polizia.



Per alcuni anni la tesi che a alcuni rappresentanti dell’ordine avesssero deciso di chiudere la bocca per sempre a gente che sapeva troppo sugli affari legati al contrabbando di alcol ebbe moltissimi sostenitori. Solo nel 1969 un vecchio gangster, Alphonse Karpis, confermò che la paternità dell’azione era da attribuire a Capone. Unico “sopravvissuto” alla strage fu Bugs Moran, ma fu soltanto un colpo di fortuna: Bugs infatti assomigliava moltissimo ad Al Weishank, che molto probabilmente fu ucciso al posto suo. Moran fuggì da Chicago il giorno stesso e non tornò mai più.

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