VOCI DEI PRECARI: GLI INSEGNANTI DI RELIGIONE HANNO PIU' DIRITTI DI TE
La Rosa nel pugno e Anticlericale.net promuovono una iniziativa, tesa alla parificazione dei diritti degli insegnanti della scuola pubblica al fine di evitare ingiustificate discriminazioni tra gli insegnanti di religione, che attualmente godono di un trattamento privilegiato, e gli insegnanti di tutte le altre discipline, sia di ruolo che precari. La questione trae la propria origine dalla incontestabile circostanza che soltanto gli insegnanti di religione precari (con contratto a tempo determinato) maturano scatti stipendiali e di anzianità che conservano anche dopo l’eventuale passaggio nei ruoli della scuola (assunzione a tempo indeterminato). Tale diritto è invece negato a tutti gli altri insegnanti che, da precari, non maturano ne scatti stipendiali ne di anzianità e quindi non conservano nulla al momento del loro eventuale passaggio nei ruoli della scuola (assunzione a tempo indeterminato). Per comprendere tale ingiustificata disparità di trattamento tra pubblici dipendenti, che di fatto viola precetti costituzionali e comunitari, oltre che leggi dello stato, bisogna partire dal percorso storico che ha caratterizzato l’evoluzione dello status degli insegnanti della religione cattolica Infatti, prima del 2003 agli insegnanti di religione (da ora IDR) nominati dall’ordinario diocesano, era consentito l’insegnamento della religione esclusivamente con lo status di “incaricati annuali" ed in tale qualità venivano assunti sempre e solo con contratti a termine della durata di ciascun anno scolastico, senza alcuna possibilità di entrare nei ruoli organici della scuola con contratto a tempo indeterminato. Per tale motivo, nel 1980, era stato loro riconosciuto il diritto a scatti biennali di aumento dello stipendio mensile del 2,50%. Inoltre nel 1988 venne loro riconosciuto il diritto agli scatti di anzianità previsti per gli insegnanti a tempo determinato. Tale riconoscimento dell'anzianità di servizio non veniva (né viene) riconosciuto a nessun altro insegnate precario con incarichi annuali di tutte le altre materie diverse dalla religione ma tale disparità, seppur non condivisibile, poteva ritenersi legittimata dall'impossibilità, per l'insegnate di religione, di entrare in ruolo (cioè di essere assunto dallo Stato con un contratto a tempo indeterminato). La Legge 186/2003, innovando il precedente sistema, ha discutibilmente previsto, trattandosi di insegnamento non obbligatorio, la creazione dei ruoli degli insegnanti di religione ed ha fissato le modalità per l’accesso agli stessi (concorsi etc.). In tal modo gli IDR hanno perso tale diversità di status, rispetto agli altri insegnanti, potendo anch'essi ottenere la stabilizzazione del rapporto lavorativo con contratti a tempo indeterminato attraverso l’ingresso nel ruolo. A seguito dell’entrata in vigore di tale legge gli IDR, lungi dal trovarsi in una situazione di svantaggio, si sono venuti a trovare in una condizione normativa certamente privilegiata rispetto a tutte le altre categorie di insegnanti godendo, per quanto riguarda gli incaricati annuali, della possibilità di incrementare la propria retribuzione in forza degli scatti stipendiali del 2,5% a biennio e di conservare tale incremento in caso di immissione in ruolo, nonché di vedersi riconosciuta l’anzianità di servizio maturata in qualità di precari anche negli scatti di anzianità previsti per il personale di ruolo. In sostanza agli insegnanti di religione precari, e solo a loro, dopo ogni biennio scatta un aumento stipendiale pari al 2,50% della retribuzione, mentre agli insegnanti di tutte le altre materie tale aumento stipendiale è precluso. Da ultimo, alla fine della precedente legislatura, è intervenuta la L. 3 febbraio 2006, n. 27 che, all’art. 1-ter, ha testualmente previsto che «Ai fini applicativi dell’articolo 1, comma 2, della legge 18 luglio 2003, n. 186, gli insegnanti di religione cattolica destinatari dell’inquadramento nei ruoli previsti conservano, a titolo di assegno personale riassorbibile con i futuri miglioramenti economici e di carriera, l’eventuale differenza tra il trattamento economico in godimento e quello spettante in applicazione del suddetto inquadramento». Ciò significa che l’insegnante di religione che, in ipotesi, abbia lavorato per oltre 6 anni con incarichi annuali non solo ha maturato tre scatti stipendiali del 2,50% ciascuno (per un totale di aumento retributivo del 7,50%) ma, una volta superato il concorso pubblico ed entrato in ruolo, conserva tale aumento retributivo (anche per il primo anno: che è un anno di prova): vale a dire che, nell’ipotesi ora portata, avrà lo stipendio maggiorato del 7,50% rispetto allo stipendio di ingresso. Mentre un insegnante di una materia diversa dalla religione, nelle stesse condizioni, non matura alcun aumento stipendiale durante il periodo di precariato (incarichi annuali) e, conseguentemente, pur avendo avuto lo stesso iter professionale di un insegnante di religione, qualora superi il pubblico concorso ed abbia ingresso nel ruolo della sua materia di insegnamento, avrà come trattamento economico soltanto lo stipendio base iniziale: cioè un trattamento economico che non tiene conto degli anni di insegnamento nella scuola pubblica in qualità di precario con incarichi annuali. Inoltre all’IDR immesso in ruolo, oltre a mantenere invariata la retribuzione in forza degli aumenti biennali di stipendio conseguiti in qualità di incaricato annuale (precario), viene riconosciuta l’anzianità maturata ai fini del conseguimento degli scatti di anzianità previsti per gli insegnanti di ruolo, mentre tale prerogativa non riguarda gli insegnanti delle altre materie che, una volta immessi in ruolo, partono dalla retribuzione iniziale. Appare chiaro come vi sia una discriminazione intollerabile dal nostro ordinamento giuridico tra gli IDR e gli insegnanti delle altre materie che si pone in insanabile contrasto con principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico che impongono alla P.A. un comportamento connotato dall’imparzialità (art. 97 Cost.) nonché con norme fondamentali come il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., e con il D. Leg.vo 9 luglio 2003 n. 216 che, dando attuazione alla direttiva 200/78/CE, ha sancito la parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro. Inoltre, e ben prima dell’ora richiamato intervento giuridico, la Corte di Cassazione aveva più volte affermato il principio della parità di trattamento nel pubblico impiego, sempre facendo riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione. Ciascun insegnante di ruolo e precario vanta, nei confronti del Ministero della Pubblica Istruzione un credito che va da un minimo di circa € 2.500 ad un massimo di circa 15.000 conservando l’aumento stipendiale e gli scatti di anzianità per il futuro. Nel comparto della Scuola Pubblica sono addetti circa 1.300.000 insegnanti di cui circa 340.000 precari. Etichette: Consorzio Aetna Net, Radicali, Religione, Scuola |
Comments on "VOCI DEI PRECARI: GLI INSEGNANTI DI RELIGIONE HANNO PIU' DIRITTI DI TE"
bella Ago!
mi prendo il cartello stradale!!