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31 ottobre, 2008

La notte di Halloween e la festa cristiana dei santi: opposizione o continuità?



Il nome Halloween è indiscutibilmente termine di origine cristiana; è parola composta da hallow, ‘santificare’, ed eve, abbreviazione di evening, ‘sera’. Halloween, insomma, deriva da All Hallow's Eve e vuol dire semplicemente ‘Sera della festa dei Santi’, ‘Vigilia della festa dei santi’.
La chiesa cattolica fa memoria, infatti, l’1 novembre di tutti i santi e la sera del 31 ottobre è appunto la vigilia della festa.
Ma l’1 novembre era il giorno della festa celtica di Samhain ed alcune delle tradizioni dell’odierna Halloween vi rimandano.
Cosa è avvenuto? Perché questa coincidenza? Halloween è una festa pagana o cristiana? Siamo dinanzi ad una espropriazione cristiana o ad un camuffamento sincretista di riti magici? Cosa è bene fare in campo educativo? Incoraggiare o opporsi alla celebrazione di Halloween?

La festa celtica di Samhain “era un momento di contemplazione gioiosa, in cui si faceva memoria della propria storia, della propria gente, dei propri cari, in cui si celebrava la speranza di non soccombere alle sventure, alle malattie, alla morte stessa, che non era l'ultima parola, se era vero che i propri cari, almeno una volta l'anno, potevano essere in qualche modo presenti. Nella magica notte di Samhain non erano le oscure forze del caos che riportavano nel mondo i morti, ma il ricordo e l'amore dei vivi che li celebravano gioiosamente” .

“Il significato di Samhain per gli antichi Celti era dunque quello di un vero e proprio ‘passaggio’, il sostituirsi di un tempo e di un ordine all'altro.
Le feste dedicate ai defunti e agli antenati, quindi alla fecondità garantita da chi ha già affrontato il ciclo naturale della morte e della rinascita, sono comuni a molti sistemi etnoreligiosi. E, nelle ‘feste dei morti’, è abbastanza comune che essi rechino anche dei doni ai vivi: il morto appartiene all'immaginario dell'eterno ciclo naturale del nascere e dello spegnersi, del letargo e del rifiorire della natura. La grande festa autunno-invernale di Samhain era dunque anche dedicata ai morti e principalmente agli antenati” .

Il passaggio da questa antica tradizione a quella rinnovata di Halloween avvenne nell’VIII secolo, ad opera dei vescovi e dei monaci del regno dei Franchi ed, in particolare, per iniziativa di Alcuino di York:

“Se il culto dei singoli martiri e santi risale ai primissimi secoli, a partire dalla fine del IV secolo si sentì in Oriente l'esigenza di celebrare tutti i santi, conosciuti o ignoti, in un'unica festa: la Chiesa siriaca durante il tempo pasquale, la bizantina la domenica successiva alla Pentecoste... Ogni chiesa locale manteneva tuttavia il proprio calendario e venerava i propri santi. Nelle aree d'Europa di più forte tradizione celtica il ricordo di Samhain era ancora vivido e così si decise di coniugare il culto dei santi all'antica ricorrenza.
Così l'episcopato franco istituì nell'VIII secolo la festa di Ognissanti: il principale promotore di tale iniziativa fu Alcuino di York, monaco sassone di formazione irlandese, che era uno dei più autorevoli consiglieri di Carlo Magno. Egli, che ben conosceva le forme di religiosità precristiana delle isole britanniche, sapeva quanto fosse stata importante per le popolazioni dell'area celtica la festa di Samhain, e quanto fosse necessario cristianizzarla, sottolineando l'aspetto della santità e della comunione dei santi, legame tra le generazioni di cristiani, dei presenti e di coloro che ci hanno preceduti.
Questa felicissima intuizione teologica ebbe seguito: pochi anni dopo, l'imperatore Ludovico il Pio, su richiesta di papa Gregorio IV, ispirato a sua volta da consiglieri come il vescovo di Fiesole e il missionario irlandese Donagh (conosciuto in seguito come san Donato di Fiesole), estese tale festa a tutto il regno franco. Fu circa alla metà del IX secolo dopo Cristo che la ricorrenza di Ognissanti venne ufficialmente istituzionalizzata, collocata alla data del 1° novembre e quindi estesa a tutta la Chiesa, per opera del Papa Gregorio IV.
Ci vollero tuttavia ancora diversi secoli, perché la festività di Ognissanti fosse obbligatoria in tutta la Chiesa Universale, il che avvenne grazie al pontefice Sisto IV nel 1475” .

“La stretta associazione con la commemorazione dei defunti, celebrata il giorno successivo, fu istituita solo nel 998 dopo Cristo, trovando slancio nell'ambiente monastico benedettino.
Fu infatti Odilone di Cluny a dare l'avvio a quella che sarà una nuova e longeva tradizione delle società occidentali. In quell’anno egli diede disposizione affinché i cenobi dipendenti dall'abbazia celebrassero il rito dei defunti a partire dal vespro del 1° novembre. Il giorno seguente era invece disposto che fosse commemorato con un'eucaristia offerta al Signore, pro requie omnium defunctorum. Un'usanza che ben presto si diffuse in tutta l'Europa cristiana, per giungere a Roma più tardi” .

Era così compiuta la piena valorizzazione dell’antica tradizione celtica nella fede cristiana. Le due celebrazioni cristiane dei Santi e dei Defunti annunciavano ora che non era stato un errore credere che i morti potessero visitarci. Il Cristo era venuto a rinnovare questa fiducia su di una base molto più salda, dando agli uomini un dono che superava ogni loro desiderio, la comunione reale e continua della chiesa della terra e di quella del cielo.




È utile a questo punto soffermarsi a cogliere le conseguenze educative di questa ricostruzione storica: il binomio Samhain-Halloween può sempre di nuovo essere raccontato in primo luogo perché i bambini non abbiano paura dei santi e dei morti, ma imparino a confidare nell’assistenza di coloro che sono già in cielo, in secondo luogo perchè sappiano che esiste un modo per amare chi non è più su questa terra e che esso consiste nel pregare per loro, in terzo luogo perché i piccoli possano riflettere sui desideri profondi del cuore umano che non si rassegna a vedere scomparire nel nulla i propri cari e sulla bellezza del vangelo che mostra che questi desideri non restano inappagati, ma vengono realizzati dalla misericordia di Dio, in quarto luogo perchè possano comprendere la ricchezza della storia della chiesa e l’atteggiamento del discernimento che sempre la deve caratterizzare.

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29 ottobre, 2008

Cheesing

Utilizzo concentrato delle urine, che possono essere ottenuti da allevatori, è possibile anche fumarla. . Le lettiere dei gatti sono muniti di tubi "grondaie" nella per raccogliere le loro urine. Per concentrare lasciarlo asciugare, quindi applicare più, ogni volta che viene fatto, si aggiunge una concentrazione. Mi raccomando non più di 20. Se cercate "Cheesing" su youtube ci sono un paio di video che mostra persone farlo. Gli effetti possono essere descritti come farsi di funghi allucinogeni .




Tanto per cambiare ho scoperto questa cosa grazie a South Park , cliccate sul titolo per vedere il trailer !

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28 ottobre, 2008

LA MARCIA SU ROMA 28/10/1922



La situazione politica italiana era divenuta particolarmente favorevole, dopo la Prima Guerra Mondiale, all'affermarsi del movimento fascista di Benito Mussolini. I liberali con le elezioni del 1921 avevano perso definitivamente la maggioranza dei seggi del parlamento, a favore dei nuovi partiti di massa (Partito Popolare, Partito Socialista ed il nuovo Partito Comunista). Due erano le conseguenze negative: da un lato la nuova maggioranza non aveva mai avuto esperienze di governo; dall' altro i vari gruppi che la componevano non riuscivano ad accordarsi per le differenze ideologiche che li caratterizzavano.

Nacque perciò un governo debole, la cui precarietà si manifestò apertamente alla fine del ministero di Ivanoe Bonomi, causata da un banale fallimento di una filiale della Banca d' Italia nel 1922. A tutte queste difficoltà si aggiungeva il disagio sociale causato dalle squadre fasciste che intanto nel Congresso di Roma del Novembre dell'anno precedente trovarono espressione in un vero e proprio partito, il Partito Nazionale Fascista: esso dichiarava di aspirare all' "onore supremo del governo".

L'ancor più debole governo del successore di Bonomi, Luigi Facta, non riuscì a porre un rimedio alla situazione critica; fallirono del resto anche i tentativi di coalizione tra le forze democratiche del Paese contro le violenze fasciste, che si risolsero nell' inutile "sciopero legalitario", indetto il 31 Luglio da tutte le organizzazioni sindacali, il quale anzi aumentò le illegali scorribande squadriste. Mussolini del resto in questo clima di tensione cercava di dare, per quanto possibile, un' immagine legalitaria al movimento fascista mediante riconoscimenti ai valori del Cattolicesimo e della Monarchia, abbandonando ogni pregiudiziale repubblicana che ne aveva caratterizzato gli inizi.

La speranza di Giolitti (ma anche di Salandra) era quella di ricondurre il PNF, in seguito alla "veste legalitaria", all' interno delle normali strutture e istituzioni tradizionali. Un' alleanza antifascista si rivelava ancora difficile anche a causa dei problemi interni al PSI, e Mussolini ne approfittò per organizzare un'azione di forza: a Napoli il 24 Ottobre 1922 si tenne una massiccia adunata di squadre fasciste, alle quali Mussolini annunciò il proposito di calare su Roma se entro poco tempo non gli fosse stato affidato il governo dell' Italia. Mentre Facta si dimetteva il 26 Ottobre, le squadre con la complicità di prefetti e sindaci bloccarono molti uffici pubblici e ferrovie, nonostante fossero mal armate rispetto all'esercito. Occuparono e si ammasarono in città come Civitavecchia, Mentana e Tivoli, ma le loro condizioni si facevano abbastanza precarie: mancavano viveri, le armi erano spesso insufficienti o non adatte.




Il re decise inizialmente la mobilitazione militare: Mussolini fu anche arrestato dal prefetto, ma il sovrano, temendo una guerra civile e la fine del suo regno, all' improvviso mutò atteggiamento non firmando il proclama di stato d' assedio del 28 Ottobre proposto da Facta. Mussolini che si era previdentemente ritirato a Milano (a pochi chilometri dalla neutrale Svizzera, possibile rifugio in caso di fallimento...), e da lì rifiutò anche le ultime mediazioni. Vittorio Emanuele sotto la spinta dei maggiori esponenti della classe industriale affidò la sera del 29 il compito di formare un nuovo governo a Benito Mussolini. Nel nuovo ministero entrarono grandi figure della prima guerra mondiale come Armando Diaz. I popolari e i liberali diedero il voto di fiducia al governo Mussolini sperando, come già Giolitti aveva auspicato, nella costituzionalizzazione della nuova realtà politica, ma già dai primi discorsi che il futuro duce tenne alla camera si delineavano già le caratteristiche totalitarie della sua ideologia politica.

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27 ottobre, 2008

Le disavventure Africane ( parte 2 )


...La Francia fu una temibile concorrente di tutti. Ma soprattutto dell'Italia che fino al 1882 non aveva nulla. I Francesi invece erano sbarcati già nel 1830 in Algeria, ma prima ancora della Conferenza di Berlino (nel 1881) iniziarono a penetrare in Tunisia. Un territorio che ambiva l'Italia, per motivi storici ma anche perchè era di fronte alla vicina Sicilia. C'erano stati a Berlino degli accordi Francia-Italia, ma poi i Francesi non li rispettarono. Oltre che la Tunisia, proseguirono nelle conquiste africane ed estesero la loro influenza in Marocco, Senegal, Congo francese, Ciad, Madagascar, buona parte del Sahara, e sul Corno d'Africa (Gibuti). Nel 1914 la Francia poteva già contare su una superficie di oltre 10.000.000 di kmq di possedimenti. (30 volte l'Italia).
Tralasciamo Belgio, Olanda, Russia e Stati Uniti, e soffermiamoci in Italia che si buttò nell'avventura colonialistica senza avere nè i mezzi logistici, nè il potenziale economico e tanto meno abili statisti. Le sollecitazioni vennero dai nuovi governi della Sinistra (Crispi) e soprattutto dettate da questioni di prestigio.
Fin dal 1869 la Compagnia di navigazione genovese Rubattino aveva occupato la Baia di Assab sulla costa occidentale del Mar Rosso, per crearvi un deposito di carbone.
In quell'epoca, arditi esploratori italiani, sostenendo fatiche e patimenti d'ogni sorta, superando difficoltà inaudite, penetravano nel cuore dell'Africa, ne percorrevano i deserti interminabili, attraversavano le foreste, seguivano il corso dei fiumi, si internavano tra i monti, svelavano i segreti di quel continente in gran parte sconosciuto.

La conoscenza della Somalia fu opera di LUIGI ROBECCHI BRICCHETTI, di ANTONIO CECCHI e specialmente di VITTORIO BOTTEGO, il quale in due viaggi (1892-93 e 1895-97) scoprì le sorgenti del fiume Giuba e determinò il corso dell'Omo-Bottego, immissario del lago Rodolfo.
Alle esplorazioni tennero dietro occupazioni di piccoli territori. Ma Francia e Inghilterra allarmate di così tanto dinamismo, si affrettarono a occupare le regioni più ricche; e anche la Germania si fece avanti arditamente.



Nel 1882 il governo italiano impossibilitato a fare una vera e propria spedizione coloniale offensiva, ebbe una singolare idea: comprò la Baia di Assab dalla Compagnia Rubattino. Messa così una base, che diventò ben presto con l'invio di alcune migliaia di soldati una testa di ponte, nel 1884 occupò la città di Massaua, anch'essa sul Mar Rosso, con lo scopo di farne un porto commerciale delle regioni retrostanti. Di qui poi l'Italia avanzò verso l'interno, per occupare la parte settentrionale dell'Altipiano Etiopico. L'avanzata e poi l'insediamento fu ostacolato dal Negus Giovanni II, sovrano dell'Etiopia (dagli italiani battezzata Abissinia)...

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24 ottobre, 2008

1988: il furioso omicidio del canaro della magliana



E’ difficile trovare negli annali del crimine italiano un livello di violenza pari a quella con cui un piccolo uomo, esile e timido, un tosacani, un “canaro” come si dice a Roma, massacrò un uomo grande e grosso, un ex pugile, in un degradato quartiere della capitale del finire degli anni Ottanta.

E’ una storia fatta di sorprusi, ricatti ed intimidazioni a cui la risposta fu un rancore sordo e grigio che, all’improvviso, crebbe a tal punto da trasformarsi in azioni raccapriccianti che al solo raccontale danno il voltastomaco.

Questa storia comincia alle 8.30 di venerdì 19 febbraio 1988 su una radura disseminata di rifiuti dietro i palazzoni che dominano il quartiere del Portuense. Un allevatore che assieme al figlio ha portato a pascolare i suoi cavalli si accorge che, quello che sembrava un mucchio di stracci fumante, altro non è che il cadavere di un uomo. Un cadavere grande e grosso, ma reso irriconoscibile, non solo perché in parte carbonizzato, ma perché su quel corpo si è accanita una furia bestiale.

Che quel cadavere appartenga a Giancarlo Ricci, 27 anni, ex pugile, piccolo malavitoso di quartiere, la polizia lo scopre grazie alle impronte digitali. Sulle prime quel ritrovamento sembra un messaggio. Chi ha ucciso Ricci voleva far capire che quella era una punizione, che quell’uomo era stato giustiziato, dopo essere stato orrendamente torturato, per aver commesso qualche imperdonabile sgarro, forse alla malavita, forse a qualche clan criminale meglio organizzato. Insomma un regolamento di conti nell’ambiente della criminalità.

I resti martoriati di quel gigante la dicono lunga sulle sofferenze cui è stato sottoposto: sulla testa ha un enorme ferita che gli ha quasi aperto il cranio; in bocca ha i suoi genitali; due dita delle mani, asportate con un tronchese, gli sono state conficcate negli occhi; altre dita sono dentro il suo ano; le rotule delle gioncchia appaiono fracassate; non ha più il naso, troncato di netto, né le orecchie e neppure le labbra.

Chi ha conciato in questo modo mostruoso Giancarlo Ricci?

La polizia comincia subito gli interrogatori nell’ambiente frequentato da Ricci, il quartiere della Magliana. Interroga 85 persone prima di arrivare ad un altro piccolo delinquente del quartiere, Fabio, un amico di Giancarlo, che racconta: “L’ultima volta che ho visto Giancarlo è stato ieri pomeriggio: l’ho accompagnato ad un appuntamento che aveva in un negozio di toilette per cani, in via della Magliana 253. Poi non l’ho più visto”.

Il negozio in questione è un buco, le pareti coperte da maioliche grigie, dove - tra gabbie, forbici, pettini di metallo, tronchesi e spazzole dentate - un uomo piccolo e mingherlino lava e tosa i cani. Si chiama Pietro De Negri, ha 32 anni, qualche precedente per furto ed una vita fatta di stenti. Ha una moglie, da cui è separato, ed una figlia che adora. Quando, sabato 20 febbraio, lo arrestano Pietro, detto “il canaro”, crolla. Prima racconta di essersi limitato a catturare e stordire Giancarlo Ricci e di averlo quindi lasciato ad una banda di siciliani che avrebbe fatto il resto. Poi, serrato dalle domande degli investigatori, confessa: “Quell’infame non moriva mai. Continuava a respirare. E’ stata dura. Ma se rinascessi lo rifarei. Il cadavere di quello zombie avrei voluto portarlo in piazza per metterci sopra un cartello grosso come una casa con la scritta: Ed ecco qua l’ex pugile!”.

Il caso è chiuso. Dopo sette ore di torture è stato lui, Pietro De Negri, “il canaro della Magliana”, ad uccidere Giancarlo Ricci. Poi, avvoltone il cadavere in un sacco di plastica, lo ha gettato nel campetto brullo del Portuense, dandogli fuoco.

Processato, “Pietro il canaro” è stato condannato, con sentenza definitiva a 24 anni di detenzione. Ma il 26 ottobre 2005, dopo averne scontati 16, l’assassino è stato rimesso in libertà dal Tribuinale di Sorveglianza di Roma.




Perché De Negri lo ha fatto? E’ un folle oppure ha agito sotto l’effetto di una droga?
La risposta a questi e ad altri interrogativi sta nel memoriale che De Negri scrisse all’indomani della sua cattura e che qui sotto pubblichiamo integralmente. Con un’avvertenza. E’ una lettura dell’orrore. Chi ha lo stomaco debole è pregato di astenersi.



IL MEMORIALE DEL CANARO
raccolto da Mariella Regoli

LA VICENDA GIUDIZIARIA

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23 ottobre, 2008

25 ottobre: Giornata dello sbattezzo

Io mi sono già sbattezzato e voi cosa aspettate ?

18 giugno, 2007
NON SONO PIù UN CATTOLICO
Oggi con una gioia immensa nella cassetta delle poste,cosa molto rara perchè spesso sono le bollette, mi è arrivata questa lettera:

Massa Marittima ,15 giugno 2007


Come da richiesta scritta, ho annotato nel registro dei battesimi
conservato in questa parrocchia, la volontà espressa di non
appartenenza alla Chiesa Cattolica.

In fede: Can.Ser... Tres..

“Suoi sudditi, perché battezzati”. Con queste parole, il 25 ottobre 1958, la Corte d’appello di Firenze assolveva il vescovo di Prato, che aveva denigrato pubblicamente due giovani, da poco sposati civilmente.
Il 25 ottobre 2008, a cinquant’anni di distanza, l’UAAR organizza una Giornata dello sbattezzo. ‘Sbattezzo’ significa cancellazione degli effetti civili del battesimo, ossia l’elementare diritto, stabilito da un provvedimento del Garante per la privacy, di non essere più considerati dallo Stato come “sudditi” della Chiesa, “obbedienti” e “sottomessi” alle gerarchie ecclesiastiche.



Le ragioni per uscire dalla Chiesa Cattolica possono essere diverse: coerenza con i propri principi, protesta perchè discriminati in quanto gay, donne o ricercatori, rivendicazione della propria identità di ateo o agnostico. Oppure la semplice onestà intellettuale di dire “non sono più dei vostri”.
L’UAAR non organizza controriti vendicativi, ma invita coloro che non sono più cattolici a esercitare questo diritto: sappiamo che già alcune migliaia di cittadini lo hanno fatto, ma riteniamo che se coloro che non hanno ancora formalmente abbandonato la Chiesa cattolica lo faranno in una sola occasione, l’impatto della loro decisione sarà sicuramente amplificato.
Ci sono due modi per partecipare alla giornata dello sbattezzo:
1.
Attraverso i circoli/referenti UAAR di Ancona, Bergamo, Brescia, Catania, Genova, Lecce, Modena, Pescara, Pordenone, Ravenna, Rimini, Savona, Siena, Trento, Venezia, Verona, Vicenza, e inoltre quelli di Bologna, Cagliari, Milano, Napoli, Padova, Roma, Torino e Verbania, Treviso, che hanno pubblicato specifiche pagine internet dedicate all’evento. Le modalità variano da provincia a provincia, per cui è indispensabile contattare direttamente i relativi responsabili.
2.
Chi risiede in un provincia diversa da quelle di cui sopra, o chi risiede in una di queste province ma vuole sbattezzarsi individualmente, deve scaricarsi il modulo pubblicato sul nostro sito alla pagina www.uaar.it/laicita/sbattezzo/sbattezzo-modulo-per-parroco.rtf, compilarlo, fare una fotocopia della propria carta d’identità e inviare il tutto alla propria parrocchia di battesimo con raccomandata a.r. il 25 ottobre (o nei giorni precedenti, se quel giorno non può). Occorre poi inviare (molto meglio se prima del 25 ottobre) una e-mail a segretario@uaar.it confermando l’adesione all’iniziativa: segretario@uaar.it risponderà confermando di aver conteggiato il richiedente nell’elenco (in modo assolutamente anonima e confidenziale).
La stessa e-mail può essere contattata per i casi controversi.
Il dato pubblico degli sbattezzandi è e sarà formato, oltre che da chi si sbattezzerà tramite i circoli, solo da chi ha ricevuto o riceverà l’e-mail con la conferma dell’inserimento nel conteggio. Non vogliamo presentare elaborazioni statistiche inverosimili come quelle della Chiesa cattolica.

La giornata dello sbattezzo verrà presentata alla stampa e all’opinione pubblica venerdì 24 ottobre, ore 18, presso la Libreria Bibli (via dei Fienaroli 28, Trastevere, Roma). In tale occasione verrà anche presentato in anteprima il libro Uscire dal gregge. Storie di conversioni, battesimi, apostasie e sbattezzi, scritto da Raffaele Carcano (segretario UAAR) e Adele Orioli (responsabile iniziative giuridiche UAAR). Oltre agli autori interverranno Chiara Lalli, bioeticista, e Francesca Fornario, giornalista e autrice satirica.

Infine, il 25 ottobre i circoli e i referenti UAAR organizzeranno diverse iniziative locali (cfr. Ultimissima del 20 ottobre)

Altre informazioni:
Il comunicato stampa del 9 ottobre
Il comunicato stampa del 20 ottobre
Il gruppo su Facebook: oltre 1.200 iscritti!
Le istruzioni ’standard’ per lo sbattezzo

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22 ottobre, 2008

I tedeschi sovietici durante la seconda guerra mondiale ( parte 4 )



...("Trudarmija"). Tra il 1942 e il 1945 il governo sovietico smobilitò quasi 34.000 soldati di etnia tedesca dell'Armata Rossa, la maggior parte dei quali fu spedita ai lavori forzati nelle fila della Trudarmija. A seconda delle varie regioni da cui le deportazioni furono effettuate, fu permesso ai tedeschi di portare con sé dai 50 ai 200 kg di beni. Solo i tedeschi che già vivevano in Siberia, in Kazakhstan, in Asia Centrale e negli Urali non furono deportati in altre regioni, ma subito mobilitati in battaglioni di lavoro forzato. Entro la fine di ottobre del 1941 era stata completata la deportazione di tutti i cittadini sovietici di etnia tedesca che si trovavano nel territorio sovietico ancora sotto il controllo di Mosca. In totale, 840.000 persone presero la via della Siberia e del Kazakhstan: 344 convogli avevano attraversato l'URSS, scaricando nei luoghi di esilio circa 800.000 tedeschi, mentre i rimanenti erano morti durante il trasferimento.
Ad altri 300.000 la deportazione fu risparmiata per l'arrivo della "Wehrmacht". In base all'ideologia razzista, l'occupante nazista garantì ai tedeschi sovietici una posizione privilegiata: le autorità fornirono ai tedeschi locali speciali carte d'identità che garantivano loro migliori stipendi, tasse più basse e razioni di cibo più abbondanti. In aggiunta, sia in Ucraina che in Transnistria (Moldavia orientale) i tedeschi del luogo furono inquadrati dalle SS in "unità di auto-difesa" che parteciparono alla lotta anti-partigiana e ai massacri di ebrei. Nel 1943 quasi 20.000 tedeschi sovietici servivano in tali unità. Dopo la riconquista dell'Ucraina da parte dell'Armata Rossa, la maggior parte dei tedeschi sovietici fuggì ad ovest, seguendo la "Wehrmacht" in ritirata. Tuttavia, alla fine della guerra gli Alleati occidentali rimpatriarono la maggioranza di coloro che erano fuggiti, consegnandoli alle autorità sovietiche.


In base agli accordi presi a Yalta, che prevedevano il rimpatrio di tutti i cittadini sovietici rifugiatisi a ovest, britannici e americani rispedirono in URSS 2.270.000 cittadini sovietici, il 10% dei quali erano "tedeschi etnici". Questi ultimi, così come buona parte degli ex-soldati dell'Armata Rossa prigionieri di guerra, dopo essere passati attraverso i campi di "verifica e filtraggio", furono spediti in Siberia e Kazakhstan. In questo modo i tedeschi deportati raggiunsero il numero di 1.200.000...

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19 ottobre, 2008

Funerali di Haider, migliaia a Klagenfurt

Tutto è nato per un caso ma anche io ieri ero presente al funerale di Joerg Haider , sono andato con il papà di una mia carissima amica di Milano , lui è stato negli anni passati assessore per alleanza nazionale a Milano e conosce benissimo le figlie Ulrike e Cornelia .

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15 ottobre, 2008

Saharawi: il popolo, la storia ( parte 3 )



...Il primo nucleo nazionalista si crea intorno a Mohamed Bassiri.
Nel 1967 diventa un punto di riferimento di quello che prenderà il nome di Movimento di Liberazione del Sahara (MLS). Nel 1970, usciti dalla clandestinità, diventano oggetto di una durissima repressione con morti e centinaia di arresti tra cui lo stesso Bassiri.
Nel maggio del 1973 un piccolo nucleo di nazionalisti Saharawi costituisce il Fronte Polisario (Fronte di Liberazione di Saguiat - Al - Hamra e Rio de Oro). Il nome di Fronte vuole solo esprimere una opposizione, un “far fronte” appunto, al colonialismo scegliendo le armi come strumento di lotta. Solo nell'agosto del 1974 il Polisario individua l’indipendenza come obiettivo fondamentale, mentre la lotta armata, insieme al lavoro politico tra le masse, rimane lo strumento principale.
Nel l960 1’Assemblea Generale dell'ONU riconosce il diritto dei popoli all’autodeterminazione.
A partire dal 1963, anche il Sahara Spagnolo viene incluso nella lista dei territori cui tale principio deve essere applicato. Sotto gli auspici delle Nazioni Unite, la risoluzione del l972 include per la prima volta anche il diritto all’indipendenza.



Nell’agosto 1974, il governo di Madrid informa il Segretario generale dell'ONU dell’intenzione di tenere un referendum, sotto gli auspici delle Nazioni Unite, entro i primi sei mesi dell’anno successivo, e nell’autunno del 1974 procede al primo censimento della popolazione.
Violenta è la reazione del re del Marocco Hassan II, che all’annuncio del referendum vede vanificati i suoi disegni di estensione della sua sovranità anche sul Sahara...

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14 ottobre, 2008

MAFALDA di SAVOIA ( Ultima parte )



...Che elusero la cattura rifugiandosi a Ortona e poi, via mare, a Brindisi. Mafalda volle a tutti i costi ritornare a Roma per riabbracciare i figli. I piccoli Savoia-Assia erano ben nascosti in Vaticano sotto la protezione del cardinal Montini, il futuro Paolo VI. Il resto è noto. Fu catturata con l'inganno dai nazisti di Kesselring (Mafalda è stata arrestata il 22 settembre 1943 a Villa Wolkonski sede dell'ambasciata tedesca dove era stata attirata con un inganno. Che venne in seguito portata all'aeroporto dell'Urbe e imbarcata su un volo per Berlino) e deportata a Buchenwald. Il 18 ottobre del '43 Mafalda varcò il portone del Campo di concentramento.
La principessa possedeva solo i vestiti che indossava al momento dell'arresto . Le sue richieste di vestiti e biancheria furono sempre negate . Le fu proibito anche di scrivere ed il suo nome venne cambiato con quello di MADAME ABEBA .
Rinchiusa in una baracca riservata a prigionieri particolari che non lavoravano e ricevevano il vitto delle SS che era poco migliore di quello che ricevevano i prigionieri comuni , soggiornò insieme al socialdemocratico tedesco ed ex ministro Brenschiel e sua moglie nonché una dama di compagnia
La principessa ebbe occasione di conoscere un prigioniero italiano , il sardo Leonardo Bovini , addetto allo scavo di una trincea antiaerea all'interno del recinto della baracca dove Mafalda era prigioniera . Da lui si ebbe la notizia al Campo della presenza della principessa di Savoia .
Il 24 agosto del '44 Buchenwald venne bombardato dagli alleati anglo-americani. Mafalda rimase ferita gravemente: il braccio sinistro ustionato fino all'osso e una vasta bruciatura sulla guancia. Venne trasportata nella camera di tolleranza del Campo trasformata provvisoriamente in lazzaretto . Fu operata in ritardo dal medico capo delle SS perché non avesse contatti con i prigionieri e con metodo inadeguato alla circostanza . Non venne soccorsa adeguatamente e dopo quattro giorni d'agonia in preda alla cancrena la sfortunata principessa moriva, a soli 42 anni.
La salma della principessa non fu cremata come accadeva normalmente , ma messa in una cassa nera di legno e trasportata a Weimar in Germania dove fu messa nel reparto d'onore riservato ai caduti in guerra nella fossa comune 262 delle SS .
Recentemente fu scoperto che Mafalda non fu mandata subito in Germania ma a Bolzano nel Campo smistamento dei prigionieri (ebrei, zingari, politici).



Ci sono testimoni oculari che l'hanno riconosciuta nel campo di Bolzano. Era sempre vicina a una signora ebrea. Ma nessuno ha potuto avvicinarla».
Perchè il re non ha avvertito la figlia sul pericolo imminente? «Non sapeva con esattezza la data dell'armistizio. Il dramma è che non sono riusciti a coordinarsi. Lei è stata avvertita, però, al confine italiano. Ma essendo sposata con un principe tedesco s'è fidata, non ha pensato di poter diventare un capro espiatorio per i nazisti. Mafalda invece divenne un simbolo, anche il marito fu spedito nel Campo di concentramento di Flossenburg.

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13 ottobre, 2008

ISTRIA 1943: QUEGLI ITALIANI ASSASSINATI PER VENDETTA E FURORE NAZIONALISTA



ELENCO DELLE FOIBE NOTE

Foiba di Basovizza Occorre precisare che questa tristemente famosa voragine non è una foiba naturale, ma il pozzo di una miniera scavato all'inizio del secolo fino alla profondità di 256 metri, nella speranza di trovarvi il carbone. La speranza andò delusa e l'impresa venne abbandonata. Nessuno allora si curò di coprire l'imboccatura e così, nel 1945, il pozzo si trasformò in una grande, orrida tomba.
Un documento allegato a un dossier sul comportamento delle truppe jugoslave nella Venezia Giulia durante l'invasione, dossier presentato dalla delegazione italiana alla conferenza di Parigi nel 1941, descrive la tremenda via-crucis delle vittime destinate ad essere precipitate nella voragine di Basovizza, dopo essere state prelevate nelle case di Trieste, durante alcuni giorni di un rigido coprifuoco. Lassù arrivavano gli autocarri della morte con il loro carico di disgraziati. Questi, con le mani straziate dal filo di ferro e spesso avvinti fra loro a catena, venivano sospinti a gruppi verso l'orlo dell'abisso. Una scarica di mitra ai primi faceva precipitare tutti nel baratro. Sul fondo chi non trovava morte istantanea dopo un volo di 200 metri, continuava ad agonizzare tra gli spasmi delle ferite e le lacerazioni riportate nella caduta tra gli spuntoni di roccia. Molte vittime erano prima spogliate e seviziate.

-Foiba di Podubbo

Non è stato possibile, per difficoltà, il recupero. "Il Piccolo" del 5/12/1945 riferisce che coloro che si sono calati nella profondità di 190 metri, hanno individuato cinque corpi (tra cui quello di una donna completamente nuda) non identificabili a causa della decomposizione.

-Abisso di Semich

Un'ispezione del 1944 accertò che i partigiani di Tito, nel settembre precedente, avevano precipitato nell'abisso di Semich (presso Lanischie), profondo 190 metri, un centinaio di sventurati: soldati italiani e civili, uomini e donne, quasi tutti prima seviziati e ancor vivi. Impossibile sapere il numero di quelli che furono gettati a guerra finita, durante l'orrendo 1945 e dopo.
Questa è stata una delle tante foibe carsiche trovate adatte, con approvazione dei superiori, dai cosiddetti tribunali popolari, per consumare varie nefandezze. La foiba ingoiò indistintamente chiunque avesse sentimenti italiani, avesse sostenuto cariche o fosse semplicemente oggetto di sospetti e di rancori. Per giorni e giorni la gente aveva sentito urla strazianti provenire dall'abisso, le grida dei rimasti in vita, sia perché trattenuti dagli spuntoni di roccia, sia perché resi folli dalla disperazione. Prolungava l'atroce agonia con sollievo, l'acqua stillante. Il prato conservò per mesi le impronte degli autocarri arrivati qua, grevi del loro carico umano, imbarcato senza ritorno..." (Testimonianza di Mons. Parentin - da "La Voce Giuliana" del 16/12/1980).

-Foiba di Villa Orizi

Nel mese di maggio del 1945, gli abitanti del circondario videro lunghe file di prigionieri, alcuni dei quali recitavano il Padre Nostro, scortati da partigiani armati di mitra, essere condotte verso la voragine. Le testimonianze sono concordi nell'indicare in circa duecento i prigionieri eliminati.

-Foiba di Brestovizza Così narra la vicenda di una infoibata il "Giornale di Trieste" in data 14/08/1947: "...gli assassini l'avevano brutalmente malmenata, spezzandole le braccia prima di scaraventarla viva nella foiba. Per tre giorni, dicono i contadini, si sono sentite le urla della misera che giaceva ferita, in preda al terrore, sul fondo della grotta..".

-Foiba di Gargaro o Podgomila (Gorizia)

A due chilometri a nord-ovest di Gargaro, ad una curva sulla strada vi è la scorciatoia per la frazione di Bjstej. A una trentina di metri sulla destra della scorciatoia vi è una foiba. Vi furono gettate circa ottanta persone.

-Foiba di Vines

Recuperate dal Maresciallo Harzarich dal 16/10/1943 al 25/10/1943 ottantaquattro salme di cui cinquantuno riconosciute. In questa foiba, sul cui fondo scorre dell'acqua, gli assassinati dopo essere stati torturati, furono precipitati con una pietra legata con un filo di ferro alle mani. Furono poi lanciate delle bombe a mano nell'interno. Unico superstite, Giovanni Radeticchio, ha raccontato il fatto.

-Capodistria -Le Foibe-

Dichiarazioni rese da Leander Cunja, responsabile della Commissione di indagine sulle foibe del capodistriano, nominata dal Consiglio esecutivo dell’Assemblea comunale di Capodistria :



“… Nel capodistriano vi sono centosedici cavità, delle ottantuno cavità con entrata verticale abbiamo verificato che diciannove contenevano resti umani. Da dieci cavità sono stati tratti cinquantacinque corpi umani che sono stati inviati all’Istituto di medicina legale di Lubiana. Nella zona si dice che sono finiti in foiba, provenienti dalla zona di S. Servolo, circa centoventi persone di etnia italiana e slovena, tra cui il parroco di S. Servola, Placido Sansi. I civili infoibati provenivano dalla terra di S. Dorligo della Valle.

I capodistriani, infatti, venivano condotti, per essere deportati ed uccisi, nell’interno, verso Pinguente. Le foibe del capodistriano sono state usate nel dopoguerra come discariche di varie industrie, tra le quali un salumificio della zona ..”



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Lelio Cantini parte 3

Corre l'anno 2008 e solo ieri il PAPA si è mosso per Lelio Cantini ,
il 18 settembre 2007 io lo ricordavo così .
Questo post avrà molte critiche ma io la vedo così:
cari pedofili fatevi furbi e diventate preti ecco come è stato condannato dal tribunale ecclesiastico Lelio Cantini.

A don Lelio sono state inflitte, a norma del canone 1336 §1, le seguenti pene per la durata di cinque anni: privazione della facoltà di confessare, proibizione di celebrare la Messa in pubblico, proibizione di celebrare altri sacramenti, proibizione di assumere incarichi ecclesiastici. Inoltre sono state aggiunte, a norma del canone 1340 §1, le seguenti penitenze: versare per cinque anni un'offerta annuale in denaro a una istituzione caritativa e darne rendiconto al vescovo; recitare ogni giorno per un anno intero il Salmo 51 «Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia» oppure le litanie della Madonna. Queste pene e penitenze, come tutta la procedura, sono state concordate con la Congregazione per la dottrina della fede. Si è tenuto conto dell'età avanzata, 84 anni, e del malfermo stato di salute di don Lelio
, quindi oggi sono ancora più arrabbiato perché solo dopo 33 anni qualcosa si è mosso ma è ancora poco , anzi troppo poco :

"Stupri e violenze psicologiche"
Su don Cantini la scure del Papa

Papa Benedetto XVI ha ridotto don Cantini allo stato laicale perché ritenuto responsabile di "abuso plurimo e aggravato nei confronti di minori, del delitto di sollecitazione a rapporti sessuali compiuto nei confronti di più persone in occasione della Confessione, dell’abuso nell’esercizio della potestà ecclesiastica nella formazione delle coscienze"
, Al tempo stesso, con la riduzione allo stato laicale, il presidente eletto è "liberato dal voto di castità", ha aggiunto il nunzio apostolico. "Il che significa che, come ogni altro laico, se vuole può sposarsi civilmente" .

Questa non è giustizia perchè tutte le vittime di questo mostro non dimenticar anno mai i suoi soprusi ...

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10 ottobre, 2008

Finanza islamica



La Finanza islamica è basata su alcune interpretazioni del Corano. I suoi due pilastri centrali consistono nel fatto che non si possono ottenere interessi sui prestiti (divieto del riba)e che bisogna effettuare investimenti socialmente responsabili. La differenza fondamentale dalla finanza tradizionale è il divieto di guadagnare sugli interessi, dato che l'obbligo di investire in modo socialmente responsabile non è diverso da quelli presenti in varie altre religioni.
L'interesse non è legittimato come titolo di risarcimento per chi immobilizza del denaro per un certo periodo per tenerlo a disposizione del debitore. L'interesse risk-free è considerato usura, indipendentemente dall'entità dell'interesse applicato. Per il principio del gharar, è immorale qualunque interesse legato a un'assenza di rischio e incertezza, quindi ricorrere o prestare denaro a persone fisiche e giuridiche che praticano la leva finanziaria, il carry trade, e altre forme di speculazione e l'arbitraggio.
Ad esempio, i fondi di investimento islamici escludono per statuto le società che hanno un rapporto superiore del 30% fra debiti e capitale sociale, fra le quali potrebbero esservi società che ricorrono alla leva finanziaria per fare profitti. L'interesse è riconosciuto come premio di rischio legato a una qualche forma di investimento.
Questi principi penalizzano alcuni ambiti dell'attività bancaria, che non generano profitti e quindi nessuna remunerazione del capitale prestato. Il credito al consumo, i mutui ipotecari e immobiliari per l'acquisto della prima casa sono impieghi "legittimi" del denaro per il diritto islamico, ma non consentono al creditore il guadagno nella forma di una partecipazione ai profitti. Il risultato è quello di orientare i prestiti agli investimenti produttivi, gli unici che permettono una remunerazione, compatibile con il diritto islamico. Per il credito immobiliare e al consumo non è riconosciuto il costo-opportunità del denaro, pari aun interesse risk-free, ovvero quanto avrebbe potuto guadagnare il creditore se avesse investito altrimenti, tenendo conto che la garanzia del bene elimina il rischio del prestito.
Il Corano, il libro sacro dell'Islam, vieta l'usura, il "riba", cioè gli interessi.
Molte delle peculiarità della finanza islamica, specialmente dell'attività bancaria islamica, vertono intorno a questo principio.

Ad esempio le banche islamiche devono possedere quote di proprietà delle case piuttosto che stipulare una comune ipoteca. Altri esempi includono essenzialmente piani di spartizione di guadagni (profit and loss sharing - PLS), affitti e piani di riacquisto. Questi sistemi permettono alle istituzioni finanziarie di fare affari senza contravvenire al principio che vieta gli interessi.



La seconda differenza tra la finanza islamica e quella tradizionale è l'enfasi sugli investimenti socialmente responsabili. Mentre secondo la tradizione occidentale è semplicemente possibile investire in modo responsabile per l'Islam ciò è strettamente obbligatorio.
Questo include l'obbligo di assicurarsi che i propri soldi non siano utilizzati per scopi non etici, come ad esempio droghe, armi, alcol, pornografia e terrorismo.

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04 ottobre, 2008

BILL GATES, ROCKEFELLER sanno qualcosa che noi non sappiamo



Nel comunicato fatto al Project Camelot dal politico norvegese, si parla che la Norvegia ha cominciato con l’approvvigionamento di cibo e sementi nella zona di Svalbard nel Nord artico con l’aiuto degli USA e UE e di tutta la Norvegia. La zona di Svalbard è la stessa dove, guarda caso, la Gates Foundations e la famiglia Rockefeller hanno appena finito di costruire una base sotterranea. Ma che coincidenza!!
Nella gelida isola di Spitsbergen, desolato arcipelago delle Svalbard (mare di Barents, un migliaio di chilometri dal Polo) è in via di febbrile completamento la superbanca delle sementi, destinata a contenere i semi di tre milioni di varietà di piante di tutto il mondo.
Una «banca» scavata nel granito, chiusa da due portelloni a prova di bomba con sensori rivelatori di movimento, speciali bocche di aerazione, muraglie di cemento armato spesse un metro.
La fortificazione sorge presso il minuscolo agglomerato di Longyearbyen, dove ogni estraneo che arrivi è subito notato; del resto, l'isola è quasi deserta.
Ma vediamo esattamente cosa scrive il politico norvegese:
"Il pianeta X sta arrivando e la Norvegia ha cominciato con l’approvvigionamento di cibo e sementi nella zona di Svalbard nel Nord artico con l’aiuto degli US e UE e di tutto il paese. Salveranno solamente chi fa parte dell’elite di potere e coloro che potranno ancora creare o costruire: dottori, scienziati e così via. Quanto a me, già so che partirò prima del 2012 per l’area di Mosjoen, dove si trova un’agevole base militare sotterranea.


Lì saremo divisi in settori rossi, blu e verdi. I distintivi dell’esercito norvegese sono già stati dati loro, e gli alloggi costruiti già molto tempo fa.La gente che sarà lasciata sulla superficie e morirà insieme a tutti gli altri, non riceverà nessun tipo di aiuto. Il piano è che 2 milioni di Norvegesi si salverà e gli altri moriranno, questo significa che 2.6oo.ooo persone periranno nella notte senza sapere cosa fare.Tutti i settori e le arche sono collegate tra loro attraverso tunnel e un sistema di comunicazione di binari per macchine che ti possono portare da un arca a un'altra. Solo grandi portoni separano i settori così che non siano compromessi in nessun modo..."

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Omar al-Mukhtar



« Da Dio siamo venuti e a Lui ritorniamo »

(ʿOmar al-Mukhtār, il 16 settembre 1931 poco prima di essere impiccato. Frase coranica: Innā li-llāhi wa innā ilayHi rāgiʿūna)
« Di statura media, piuttosto tarchiato, con capelli, barba e baffi bianchi, Omar al Mukhtar era dotato di intelligenza pronta e vivace; era colto in materia religiosa, palesava carattere energico ed irruente, disinteressato ed intransigente; infine, era rimasto molto religioso e povero, sebbene fosse stato uno dei personaggi più rilevanti della Senussia »

(Rodolfo Graziani suo nemico sul campo di battaglia)


Omar al-Mukhtar in arabo عمر المختار ʿUmar al-Mukhtār (20 agosto 1861 – Barca, 16 settembre 1931) è stato un rivoluzionario libico.


Soprannominato "lo shaykh dei màrtiri" (shaykh al-shuhadāʾ) o "Il Leone del Deserto" (asad al-ṣaḥrāʾ), appartenente alla tribù dei Minifa, nacque da Omar e da Āisha bint Muhārib in un villaggio presso Barca, nella Cirenaica orientale (un tempo chiamata Marmarica) nel 1861. Fece parte della confraternita dei Senussi e divenne per quasi vent'anni il leader della resistenza anti-italiana che mosse i suoi primi passi nel 1912. Fu infine catturato, processato e impiccato.

ʿOmar al-Mukhtār nacque in un povero villaggio libico tra Barca e Maraua in Cirenaica, allora parte della Libia vassalla dell'Impero Ottomano da una famiglia povera di contadini. Passò la giovinezza in povertà e per otto anni studiò nella scuola coranica di Giarabub (Giaghbūb), città santa della ṭarīqa della Sanussiyya, prima di proseguire i suoi studi nella madrasa di Zanzur (Janzūr). Divenne apprezzato conoscitore del Corano e Imam e aderì poi alla confraternita dei Senussi.




Nell'ottobre del 1911 la regia marina sotto il comando dell'ammiraglio Farafelli chiesero ai libici di arrendersi o sarebbero state distrutte le città libiche. ʿOmar al-Mukhtār passa subito alla resistenza avendo un seguito che andava da 2000 a 3000 guerriglieri. Negli eventi seguenti presero parte per la prima volta i combattenti senussiti di ʿOmar al-Mukhtār...

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02 ottobre, 2008

La sposa-bambina, Nojoud Muhammed Nasser , ecco i nuovi sviluppi



Pubblico la mail che mi ha mandato l'ambasciatore italiano della repubblica dello Yemen , Mario Boffo , per aggiornarvi su questa tristissima storia , visto il silezio dei media .

Egregi Signori, Gentili Signore,

forse a molti di voi farà piacere sapere che la piccola Noujoud ha ripreso in questi giorni la scuola e una normale vita da bambina.
Questo è stato possibile anche grazie all'aiuto di donatori italiani che preferiscono mantenere l'anonimato, i quali sono stati indirizzati dall'Ambasciata verso gli organismi competenti a intervenire a favore della bimba.



Con molti cordiali saluti,

Mario Boffo
Ambasciatore d'Italia nella
Repubblica dello Yemen

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