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* Nome: Agostino
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* Citta:Montecatini Terme
* Non mi piace:Doppie facce
* Mi piace:Libertà
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* Libro:La Favola di Cristo
* Colore:Nero
* Frase:Meglio primi all'inferno che secondi in paradiso




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BLOG NEWS per il "TIBET LIBERO!"














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31 maggio, 2008

Addio Rock FM, triste parabola della fine di un gusto e di un'èra

La moritura è impertinente. Vuol andarsene come vuole lei, senza staccare la spina per 24 ore. Quella in corso fino alle 18 di sabato 31 maggio è una diretta lunghissima e un po' straziante, perché annuncia la fine della radio ROCKFM, una radio che ha raccontato la musica come oggi non si vuole più raccontare: con le note non subito facili di un ritornello costruito apposta per poter finire in onda, con gli speakeracci che fanno gli effettacci e gli stupidacci, e quelli intelligenti e colti stiano a casa, perbacco.
Va bene che non tutto è così. Ma è così QUASI tutto.



In queste ore, una sventagliata di nomi si alternano al microfono, di quelli che hanno fatto la storia del prestigioso marchio: Freak Antoni, Luca De Gennaro, Fabio Treves, mille altri. Nei giorni passati, si sono mobilitati gruppi come i Baustelle, i Bluvertigo, Cristina Donà, Lacuna Coil, Giuliano Palma, Finardi, Alberto Camerini, etc etc. Naturalmente, niente serve più a niente, ormai.
Alle 18, calerà il grande silenzio, e RockFm sarà il passato: e il futuro avrà un motivo in più per non essere orgoglioso di sè.
Domenica sera sarò al AUDITORIUM FLOG di Firenze e per ora vi seguirò su Rock Family . Grazie per la vostra musica unica , visto che le altre radio manco ci pensano a passarla , ci mancherete.

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30 maggio, 2008

Laogai, peggio di Gulag e Lager ( questo è uno dei tanti motivi per cui non guarderò le olimpiadi 2008 )



Il termine laogai si riferisce, propriamente, ad una particolare forma di lavoro forzato della Repubblica Popolare Cinese. Il termine è anche usato in modo generalizzato per indicare le diverse forme di lavoro forzato previste dal sistema giuridico e carcerario cinese, che include anche il laojiao ("rieducazione attraverso il lavoro") e il jiuye (letteralmente "personale addetto al lavoro forzato", ma viene da alcuni considerato una forma indiretta di reclusione). Lo stesso termine laogai, in senso invece restrittivo, viene talvolta usato per indicare un campo da lavoro.
Le condizioni di vita dei forzati e il loro impiego come forza lavoro sono spesso indicati come lesivi dei diritti umani. A questo proposito occorre tener presente che la Convenzione 105 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ONU) del 25 giugno 1957 che chiede l'abolizione della condanna ai lavori forzati non è mai stata ratificata dalla Cina .
Diverse fonti sostengono che nei campi di lavoro vengano comunemente applicati la tortura, la rieducazione politica e che vi sia un alto grado di mortalità dei prigionieri riconducibile a maltrattamenti di vario tipo .

È anche altamente controverso il tema dell'uso che il governo cinese fa della manodopera a costo quasi nullo costituita dai carcerati, che secondo alcune fonti sarebbero sottoposti a ritmi di lavoro disumani e al limite dello schiavismo .


Documenti di condanna del sistema dei laogai sono stati prodotti da diversi governi e parlamenti (vedi paragrafo Denunce politiche internazionali).
Denunce molto gravi sono riportate anche nelle opere di Harry Wu (un dissidente cinese che ha passato molti anni in queste carceri, per poi fuggire negli Stati Uniti) e da altri dissidenti ed ex prigionieri. Tali denunce riguardano anche crimini come il traffico di organi dei reclusi...

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28 maggio, 2008

La "questione 108"

In Italia la modulazione di
frequenza è usata per le
trasmissioni radiofoniche nella
banda di frequenze che va dagli
87,5 ai 108 MHz.

Però non tutti sanno
che si può trasmettere fino a 107.9, e che
quella dei 108.0 è una frequenza che deve cessare
di esistere.

Con questo video vi dimostro come radio Maria
occupa questa frequenza illegalmente.




Per vedere il video in alta qualità basta andare su youtube !

Le norme in vigore non consentono di utilizzare i 108 MHz. Se provate a chiedere la frequenza dei 108 al posto di una vostra altra frequenza interferita, vi sentirete rispondere infatti che non è possibile. Inutile ora dilungarsi sui motivi per cui le 108 attive non vengono disattivate.

RADIO VATICANA: PREGHIERE CON CONDIMENTO DI ELETTROSMOG E FREQUENZE OCCUPATE!!!

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23 maggio, 2008

Pane Burro e Rock'n'Roll , ultima parte

Pane Burro e Rock'n'Roll va in onda dal Lunedì al Venerdì dalle 7.00 alle 9.00; condotto dal Dj Ariel con il supporto di Roberto "Freak" Antoni. Spesso i due conduttori interpretano, grazie a un distorsore vocale, due cavie da laboratorio, il topo "Frigo" (nome di un vecchio "animale di plastica" del Dj Ariel) e il topo "Rogna", nelle cui disavventure non mancano di maledire gli "umani" per gli esperimenti che conducono su di loro.
La trasmissione contiene numerosissime rubriche dove richiedono la partecipazione del pubblico.

Tra le varie rubriche si ricordano:

L'almanacco del giorno che Fu

I conduttori ricordano compleanni eccellenti ed eventi, soprattutto legati al mondo della musica, occorsi giorno per giorno.

Campagna a favore di Ognissanti

Nel tentativo di andare "contro" la festa di Halloween, i conduttori fanno gli auguri a tutti quelli che un santo vero e proprio non ce l'hanno. La particolarità di questa rubrica è che il redazionista dovrà pagare 10€ alla coppia di conduttori per ogni santo che in realtà esiste e che i radioascoltatori segnaleranno.

La patente da "Vero" Rocker

I conduttori propongono un test attitudinale dove fanno domande a triplice soluzione per saggiare la preparazione dei radioascoltatori su vari temi musicali, come ad esempio fatti noti della vita di musicisti Rock. Le domande però non hanno un riscontro con l'ascoltatore, il quale in sua coscienza si aggiunge o toglie punti dalle proprie patenti da Vero Rocker.



Davide cotro Golia (La Nicchia vincerà)

Pane Burro e Rock'n'Roll si è fissato come scopo quello di vincere le grandi radio nazionali nella gara dell'audiradio. Chiedono quindi l'aiuto dei radioascoltatori, i quali, ad esempio, fanno pratica di "spionaggio" delle radio più grandi e poi commentano le rubriche che vanno in onda dalle 7.00 alle 9.00 in modo da valutare la concorrenza; tra le altre radio, sono state "spiate": M2o, Radio Deejay e Radio Zeta.


La finestra di ROCK FM sul mondo

I Dj Ariel e Roberto "Freak" Antoni si collegano telefonicamente con una fantomatica radio nipponica chiamata Cakkio Radio Tokio per ascoltare il prodotto del panorama Rock giapponese. Il collegamento finisce puntualmente in tragedia, di solito con il suicidio della persona dall'altra parte della cornetta.


Diventate Musicisti Rock con la bocca

I due conduttori chiamano durante la diretta i radioascoltatori, previamente iscrittisi a questo "servizio", e li fanno esibire in un provino dove suonano uno strumento a loro scelta, con un brano a loro scelta, con la sola particolarità di mimare il suono di detto strumento con rumori prodotti da la loro bocca. La naturale continuazione del provino dovrà essere un gruppo rock "che suona con la bocca".

ORA CHI ME LO SPIEGA COME FACCIO AD ANDARE A LAVORO SENZA DI LORO???

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22 maggio, 2008

Pane Burro e Rock'n'Roll , prima parte



« Non chiederti cosa Pane Burro e Rock'n'Roll può fare per te, ma cosa TU puoi fare per Pane Burro e Rock'n'Roll »

(Motto del programma e motto di questo blog )


Daniele Vaschi - altrimenti conosciuto come Mr. Grankio o Dj Ariel (Gallarate, 12 novembre 1974) è un chitarrista, cantante e disc jockey italiano.

Cantante e chitarrista della band punk rock varesotta P.A.Y. fin dalla sua costituzione nel 1996.
Cinque gli album pubblicati con la formazione; nell'album del 2005 (Federico Tre E Il Destino Infausto), Daniele interpreta il cattivissimo tiranno Federico Tre.
Nel 2002 ha partecipato inseme a numerosi artisti (Freak Antoni degli Skiantos, Cippa e Paletta dei Punkreas tra tutti) al progetto Punx Crew creato da Olly (ex membro dei The Shandon e membro dei The Fire) e Andre (Madbones).

Nel 2008 partecipa insieme ad Alberto Camerini al singolo "Computer Capriccio" tratto dal disco "200 Bullets & Friends".

È l'indiscusso inventore del "Barattolo dell'ammore", prezioso barattolo di latta con all'interno ammore... Molti VIP non hanno potuto fare a meno del cimelio e le numerose foto all'interno del sito dei PAY lo testimoniano.

Inizia la carriera radiofonica nel 1996 sull'emittente locale di Varese Radio Lupo Solitario, conducendo vari programmi e mettendosi in evidenza per il suo stile "cialtrone".


Nel 2001 passa a Radio RockFM, con il suo spirito cialtrone Daniele riesce a coinvolgere i suoi radioascoltatori come nessunaltro nella radio, grazie anche a diversi pupazzi e oggetti rumorosi, i quali venivano prima inviati e poi battezzati dai radioascoltatori stessi. Tra i vari "animali di plastica" (così definiti dal Dj Ariel) si ricordano: il Topofrigo, la Mucca Camilla, Mr. Trombetta e Mazinga Z (un giocattolo di dimensioni ragguardevoli con l'aspetto di Mazinger Z).
Dal 2007 divide la conduzione del programma radiofonico mattutino Pane Burro e Rock'n'Roll con il frontman e cantante degli Skiantos Roberto "Freak" Antoni....

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20 maggio, 2008

Rock Fm chiude! Stavolta è finita davvero.

Visto che l'unica radio che ascolto il 31/5/2008 smetterà di trasmettere , vivrà solamente sulla rete ROCK FAMILY , dedicherò tantissimi post per tutta la famiglia di ROCK FM , ci mancherete e la mattina sarò costretto ad ascoltare la musica con la mia chiavetta USB .

Radio RockFM è un'emittente radiofonica FM locale privata con sede a Milano, nata da un'idea di Gigio d'Ambrosio. La radio, di iniziale carattere locale lombardo, ha piano piano espanso le sue frequenze arrivando in Toscana e Liguria, dedicando completamente la selezione musicale alla musica Rock in tutti i suoi generi. Da ormai alcuni anni è possibile ascoltare questa radio anche via internet, podcast e dal 2007 anche via satellite.






Nata sulle ceneri del progetto Radio Gold (solo successi) sul finire degli anni ’80 da una frequenza ridondante di Radio Milano International 101 Network (98,700 MHz a Milano, che ora ospita Radio 105 Classics) per volere di Gigio D’Ambrosio e dello storico editore Angelo Borra, Rock FM era veramente una novità per il decennio a venire.
Il primo a prendere in mano la radio e' Dj Ringo che inizia a registrare bobine da 3 ore(Revox) per coprire la notte,poi inizia la prima e storica diretta alle 0re 14 tutti i giorni con in regia il mitico Roccia,poi coinvolge chiamandolo anche Fabio Treves ed altri artisti. Certo, non era un rock facile (nel senso di commerciale) quello che trasmetteva: si trattava di musica forse estranea al circuito delle supervendite discografiche, ma proprio per questo motivo si era creata una fortissima identità. Il primo editore un po’ ci aveva creduto, dedicandogli le poche risorse eccedenti per la copertura della rete primaria, così consentendone la diffusione anche in Piemonte, Liguria e Toscana. Ma di più non poteva fare.
Lo storico direttore, Marco Garavelli (ex Radio Peter Flowers, altra radio che del rock aveva fatto una componente essenziale di un palinsesto comunque eterogeneo), faceva i salti mortali per coniugare l’esigenza di diffondere un prodotto particolare (con non esaltanti ritorni commerciali, nel senso di introiti pubblicitari) con budget risibili. Ma il colpo di grazia arrivò con le note vicende giudiziarie del 2003, che travolsero la vecchia proprietà e condussero Radio One-O-One Network nell’alveo di Mondadori. Per l’occasione venne acquisita anche una partecipazione nella società editrice di Rock FM, nei limiti di quello che l’ordinamento giuridico consente, posta l’impossibilità di essere contemporaneamente titolari di concessioni nazionali e locali. La nuova compagine societaria non ha creduto, tuttavia, nel progetto e non vi ha destinato le risorse tecniche necessarie per farlo assurgere a player di spessore nel panorama. Il 26 marzo 2008 è stata annunciata la chiusura delle trasmissioni prevista per il 31 maggio 2008.

Lo staff ha dato vita a un sito internet alternativo, in vista di dover abbandonare il sito ufficiale della radio, chiamandolo Rockfamily; il proposito iniziale è probabilmente quello di continuare l'attività con i radioascoltatori, probabilmente attraverso webradio o manifestazioni dal vivo.

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18 maggio, 2008

Chi conosce questa farfalla ? Io è la prima volta che la vedo




Mi potete aiutare ? Bellissima e grandissima .








Cliccate sulle foto per ingrandirle














Infine guardate cosa ho scovato nella mia fotocamera



FUCK FUCK FUCK FORZA INTER

FUCK TIFOSI JUVENTINI , MILANISTI , ROMANISTI....


Campioni d 'Italia gufacci !!!
Zlata Ibrahimovic








Scudetto numero 16

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17 maggio, 2008

Enrico Mattei




Enrico Mattei (Acqualagna, 29 aprile 1906 – Bascapè, 27 ottobre 1962) è stato un imprenditore, partigiano, politico e uomo d'affari italiano. Per la sua attività Mattei fu insignito di diverse lauree honoris causa, della croce di cavaliere del lavoro e della Bronze Star Medal dell'Esercito statunitense (5 maggio 1945), nonché della Cittadinanza onoraria dal comune di Cortemaggiore.
« Mio padre diceva che è brutto essere poveri, perché non si può studiare e senza titolo di studio non si può fare strada »

(Enrico Mattei, discorso per il conferimento della laurea honoris causa all'Università di Camerino).

Enrico Mattei nacque ad Acqualagna in una famiglia modesta, figlio di Antonio, sottufficiale dei Carabinieri.
La sua formazione scolastica arrivo' fino alla 'sesta classe'. Dato che nell'età giovanile non sembrava ottenere risultati positivi, né dimostrare costanza negli studi, fu avviato all'attività lavorativa dal padre, che lo fece assumere quale apprendista in una fabbrica di letti metallici di proprietà di tale Cesare Scuriatti a Matelica dove la famiglia si era trasferita nel 1919; qui avvenne il suo primo contatto con i prodotti chimici, in particolare vernici e solventi.
Iniziata a soli vent'anni la carriera dirigenziale in una piccola azienda in cui era entrato quale operaio, si trasferì successivamente a Milano dove inizialmente svolse l'attività di agente di commercio, sempre nel settore chimico e delle vernici. A trent'anni, avviò una propria attività nel settore chimico, con la quale riscosse un certo successo sino a divenire fornitore delle Forze Armate.
Nel 2007, è stata ritrovata la tessera di adesione al partito fascista (1922). In merito alla supposta sua condivisione del fascismo, Indro Montanelli (che ne fu critico severo) affermò che «l'ambizione di questo self-made man lo portava senza scampo a compromissioni con il regime al potere».

Entrò nei circoli di amici che avrebbero dato vita alle correnti democristiane di sinistra. Si iscrisse al Partito Popolare Italiano e successivamente rimase sempre legato all'area democristiana.
Durante la Seconda guerra mondiale partecipò alla Resistenza come partigiano "bianco" (fra quelli, cioè, che si riferivano all'area politica cattolica), dimostrandosi subito un valido condottiero ed un buon diplomatico (come ne disse in seguito Marcello Boldrini e come, in un contesto più drammatico, confermò Mario Ferrari-Aggradi ; a latere resta il giudizio di Luigi Longo, del quale divenne amico personale: «Sa utilizzare benissimo le sue relazioni con industriali e preti»),


essendo l'uomo di riferimento della Democrazia Cristiana nel CLN; in tale attività consolidò le sue amicizie con altri partigiani che sempre sarebbero restati per lui persone di riferimento nell'ambito della politica, e proprio fra i suoi compagni di Resistenza avrebbe cercato in seguito, da presidente dell'Eni, gli uomini fidati cui affidare la sua sicurezza personale...

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16 maggio, 2008

Apocalisse a Dresda.

C’è un monumento nella parte settentrionale di Dresda che ricorda le vittime del quadruplice bombardamento del 13-14 e 15 febbraio del ’45 su Dresda. Sulla lapide sono poste due domande: "Quanti morirono? Chi conosce il numero?". Purtroppo il numero finale di morti non potrà mai essere definito con precisione: alcuni storici come David Irving ("Apocalisse a Dresda", 1963) calcolano 135000 decessi ma altre ricostruzioni storiche arrivano a cifre apocalittiche: 200000 morti, più delle vittime di Hiroscima e Nagasaki messe assieme, molte di più dei pur violenti bombardamenti su Berlino, Amburgo e Tokio nel corso della seconda guerra mondiale.
Come mai un numero così impressionante di morti in una città che arrivava prima della guerra a 630000 abitanti? Ma soprattutto, quali ragioni militari e politiche spiegano la decisione di bombardare un gioiello architettonico privo di obiettivi strategici? Chi ha preso la decisione? Sono tutte domande alle quali studi recenti danno una risposta in gran parte soddisfacente, ma non priva di zone d’ombra.



Il primo attacco, il 13 febbraio, durò dalle 22 e 9 fino alle 22 e 35 e sulla città furono sganciate circa 3000 bombe dirompenti e 400000 incendiarie. Molte dirompenti pesavano tra i 1800 e i 3600 chilogrammi. L’incursione della RAF colse di sorpresa abitanti e autorità. Nel sottosuolo erano state costruite molte gallerie ma queste strutture erano del tutto inadeguate di fronte alle incendiarie le quali appiccavano rovinosi incendi che penetravano facilmente nei rifugi antiaerei non dotati di ventilazione. I singoli rifugi erano divisi da pareti che all’occorrenza erano facilmente abbattibili, tutto questo facilitò il propagarsi dei gas caldi uccidendo migliaia di persone asserragliate nei rifugi.

Durante il secondo attacco, il 14 febbraio, dall’1 e 22 all’1 e 54 , su una città già violentemente colpita, furono sganciate circa 4500 dirompenti e 170000 incendiarie. Nelle due operazioni vennero utilizzati 1400 bombardieri con 6000 aviatori. L’intervallo di 3 ore doveva servire per colpire anche le strutture antincendio e di "protezione civile" che nel frattempo sarebbero affluite a Dresda. Contemporaneamente sarebbe stato possibile sorprendere la popolazione fuori dai rifugi.



Ormai è chiaro qual era l’obiettivo: infliggere danni gravissimi alla città colpendo la parte più debole ma anche estranea alla guerra: gli abitanti e i profughi dell’Est privi di protezione da parte delle autorità militari tedesche.

Al termine del secondo attacco la città era un gigantesco incendio visibile nel buio della notte a centinaia di chilometri di distanza. Il denso fumo nero che si alzava era causato dalle strutture delle abitazioni che ardevano ma anche dalla combustione di migliaia di corpi di civili.

Il terzo attacco, sempre il 14 febbraio, però questa volta in pieno giorno, riversò su Dresda 1500 dirompenti e 50000 incendiarie. Furono impiegate 1350 fortezze volanti e Liberatores 14 ore dopo il primo attacco.



Il quarto attacco su una città che continuava ad ardere avvenne il 15 febbraio, durò circa 40 minuti in pieno giorno, e riversò sulla città 900 dirompenti e 50000 incendiarie. Gli ultimi due attacchi furono condotti dall’aviazione americana.

L’obiettivo erano ancora i civili, infatti furono utilizzate ancora le incendiarie e soprattutto i terribili "Mosquito" i quali mitragliavano, passando appena sopra i tetti delle case, tutto ciò che si muoveva. Così i civili che miracolosamente erano sopravvissuti furono mitragliati dai piloti americani vicino al fiume e nei parchi cittadini dove l’entità delle distruzioni era minore. L’ultimo attacco ci fu il 2 marzo quandi più di 1200 bombardieri finirono di distruggere il poco che ancora era rimasto in piedi nella città. Anche questa volta lo scalo ferroviario non fu colpito.

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13 maggio, 2008

LA PIU' GRANDE BUFALA DELLA STORIA , seconda parte



...Imitando Horus, anche Krisna
, Zoroastro
, Attis
, Adonis
e molte altre divinità adorate nel corso dei secoli celebravano il proprio compleanno il 25 dicembre. Krisna e Zoroastro erano stati partoriti da una vergine, come anche Buddha
, Bochia , Osiride
, Serrapis , Mardouk
e molti altri personaggi dei culti religiosi di ogni tempo e latitudine. Attis di Frigia (venerato in Grecia intorno al 1200 a.C.), oltre a essere nato da una vergine il 25 dicembre, fu crocifisso e resuscitò dopo i tre giorni canonici. La nascita di Krishna (India, circa 900 a.C.) fu annunciata da una stella comparsa a oriente; anch’egli fece diversi miracoli, fu crocifisso e resuscitò, come da copione.
Dioniso (Grecia, 200 d.C.), nato come sempre da una pia donna il giorno di Natale, compì diversi miracoli tra i quali la trasformazione dell’acqua in vino, fu chiamato “Re dei Re” e “L’Alfa e l’Omega”, fu anche lui crocifisso e anche a lui la crocifissione fece un baffo. Mitra
, il cui culto era nato in Persia intorno al 1200 a.C., nacque il solito giorno dalla solita zitella, ebbe 12 discepoli, fece miracoli, rimase morto per tre giorni trascorsi i quali indovinate un po’ cosa successe.
Tra le altre cose interessanti, il giorno sacro a Mitra era la domenica, giorno dedicato all’adorazione del sole. Tant’è vero che in molte culture, il nome di questo giorno reca ancora traccia della divinità solare a cui era consacrato. In inglese la domenica è “Sunday” (giorno del sole), in tedesco è “Sontag” (idem), perfino in lingua giapponese domenica si dice “Nichiyoubi”, dove “nichi” è appunto il sole, rappresentato con il caratteristico ideogramma kanji (un quadrato diviso a metà da una lineetta).
Da Horus derivano anche alcuni termini ancora in uso nel parlato comune. Ad esempio le parole “orizzonte” (la linea visiva dalla quale si vede sorgere il sole) e “ora” (dal latino “hora”; le ore del giorno erano le “tappe” di Horus-sole durante il suo quotidiano percorso nel cielo).
I parallelismi si fanno ancora più evidenti se si prende in esame il culto di Osiride, il padre di Horus, risalente ad epoca egizia anteriore. Il rituale dell’adorazione di Atum-Amòn-Osiride, prevedeva che i fedeli mangiassero alcune focacce di frumento che rappresentavano il “corpo” della divinità (le piantagioni di frumento potevano crescere grazie al sole, rappresentando così la manifestazione fisica di Dio). Nel corso del rituale veniva esibito un ostensorio rappresentante il disco solare, che veniva sollevato in alto dinanzi ai fedeli riuniti in preghiera. Il termine “ostensorio”, contrariamente a ciò che si crede, non è cristiano e non deriva da “ostia”, ma da un etimo egizio, poi adottato anche dal latino, che significa “mostrare, esibire”. Fino al XV sec. d.C., gli ostensori cristiani avevano la forma di un disco d’oro luccicante (il sole). Fu San Bernardino da Siena a sostituire per primo, intorno al 1400, tale disco con la teca contenente l’ostia consacrata. Il Concilio di Trento, nel XVI secolo, abolì poi definitivamente questo residuo di paganesimo. La liturgia dell’adorazione di Osiride, poi ripresa dal rito cristiano, prevedeva che i fedeli tenessero la testa bassa, per evitare di bruciarsi gli occhi di fronte al fulgore del sole. Le preghiere a Osiride erano intercalate e concluse dall’invocazione del suo nome (Amòn), che ricorda in modo inequivocabile l’altrimenti incomprensibile “Amen” che conclude le preghiere cristiane...

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09 maggio, 2008

Usi e abusi della cocaina, ieri ed oggi ( ultima parte )



...Sul finire del diciannovesimo secolo, l'opinione nei confronti della cocaina cambiò drasticamente poiché era ormai chiaro all'opinione pubblica che creava dipendenza. Il suo uso cominciò a essere descritto come un vizio.
Nel 1904 fu eliminata la cocaina dalla Coca-Cola. Il governo statunitense cercò di costringere la società a ribattezzare la bevanda ma, dopo un lungo contenzioso legale, il nome restò quello. Al museo di Atlanta della Coca-cola non si accenna al fatto che la bevanda deriva dalla famosa pianta peruviana ma è curioso sapere che è ancora aromatizzata con foglie di coca dalle quali è stata tolta la cocaina.
Negli ambienti alla moda, invece, si continuò a usarla per tutto il secolo, fino ad oggi, nonostante sia stata messa in ombra sul mercato nero da stimolanti sintetici come l'ecstasy, l'eroina, l'acido e le anfetamine. I figli dei fiori degli anni sessanta scelsero invece la marijuana e l'Lsd. Alla fine degli anni novanta e all'inizio del ventunesimo secolo, negli Stati Uniti la cocaina ha avuto un ritorno di fiamma e nel 2003 le vendite nelle strade hanno raggiunto i 35 miliardi di dollari. E non appena il mercato statunitense si è saturato, i mercanti di droga si sono rivolti all'Europa.


In questa epoca la cocaina si poteva comprare liberamente. Negli Stati Uniti, all'inizio del 1900, Sears & Roebuck vendevano un vino di coca peruviana che "corrobora e ristora il corpo e la mente, e può essere assunto in qualsiasi momento con perfetta sicurezza". La cocaina era ampiamente usata anche per curare il mal di denti e per produrre medicinali, uno dei quali - il rimedio per la febbre da fieno e il catarro - era costituito al 99,9 per cento da cocaina pura. A Londra, nel 1916, i magazzini Harrods vendevano un kit contenente cocaina, morfina, aghi e siringhe.

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07 maggio, 2008

La nuova tattica: Infiltrazione e nazimaoismo



In questo periodo di forzata stasi, tra la fine del '67 e i primi del '68, Stefano Delle Chiaie stringe nuovi legami con gli amici di Junio Valerio Borghese, consolida quelli gia esistenti con Giulio Caradonna, Luigi Turchi, e Pino Rauti, giornalista del "tempo" di Roma. E' con lui, che nella primavera del 1968 organizza il viaggio in Grecia per una quarantina di fedelissimi amici dei Colonnelli, tra i quali c'e' Mario Merlino.
Ed e' al ritorno di questo viaggio che ha inizio la vasta operazione di infiltrazione negli ambienti di sinista e di creazione di nuovi gruppi fascisti mascherati sotto etichette che riecheggiano vagamente la terminologia marxista. Mario Merlino e' un esempio macroscopico, ma e' solo uno tra i tanti. Alcuni altri sono questi.
Serafino Di Luia. Assieme a un gruppo di fedelissimi viene incaricato di tenere sotto controllo i fermenti eterodossi della base fascista che ha nella Facolta' di Legge il suo punto di maggior forza. (Basta pensare come si sono comportati questi "ribelli" dell'estrema destra in occasione dell'assalto delle squadre di Giulio Caradonna contro il Movimento Studentesco). Di Luia svolge egregiamente il suo compito, riuscendo via via ad emarginare dal Movimento Studentesco di Giurisprudenda (cosi' si sono autodefiniti i fascisti "ribelli") tutti quegli elementi che sono entrati in crisi quando la mitologia fascista nella quale avevano creduto e' crollata sotto le l'incalzare dele lotte del Movimento Studentesco. Con quelli che rimangono, fascisti autentici, Serafino Di Luia organizza il movimento Studentesco Operaio d'Avanguardia e, piu' tardi, il gruppo Lotta di Popolo. I cosidetti Nazi-Maoisti si presentano alle assemblee del Movimento Studentesco gridando slogan tipo "Hitler e Mao uniti nella lotta" e "Viva la ditatura fascista del proletariato", e provocando spesso gatuiti scontri con la polizia. Inoltre Lotta di Popolo rilascia numerosi comunicati stampa che, mascherati da una fraseologia pseudorivoluzionaria, danno un taglio nettamentamente qualunquistico e provocatorio alla critica svolta dal Movimento Studentesco contro i sindacati e partiti revisionisti e condanano l'aggressione israeliana in Medio Oriente in termini razzisti e antiebraici.
Questi comunicati vengono ampiamente ripresi dai giornali di centro e di destra che, gridando allo scandalo, li spacciano agli occhi dei lettori come rappresentativi dell'ideologia e della politica del Movimento Studentesco.


Dopo gli attentati del 12 dicembre 1969 la maggior parte di questi seguaci di Serafino Di Luia sono rientrati nell' MSI o hanno ridato vita, sempre sotto la guida di Stefano delle Chiaie, alla vecchia Avanguardia Nazionale ritornando ai metodi squadristici di attacco frotale contro i "rossi" che usavano una volta.
Attilio Stippoli, sulla falsariga di Mario Merlino fonda il sedicente movimento anarchico Gruppo Primavera mettendo insieme una decina di studenti medi della Giovine Italia. il gruppo, come del resto il XXII Marzo di Merlino- ha una vita brevissima: dopo aver tentato inutilmente di prendere contatti con trotzkisti di Iniziativa Operaia, si scioglie e i suoi aderenti tornano a militare nella Giovine Italia...

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06 maggio, 2008

LA DIPLOMAZIA ITALIANA OGGI E IERI

L'ambasciatore italiano della repubblica dello Yemen mi ha cortesemente chiesto di pubblicare un'altra email , mi sembra il minimo che possa fare , per dare voce a chi si muove sul campo mentre i nostri TG stanno zitti




Mario Boffo
Ambasciatore d'Italia nella
Repubblica dello Yemen
ho ricevuto per caso due articoli che ben rappresentano l'odierno ruolo della diplomazia italiana
oggi, al servizio del Paese (quindi, benché non sia a tutti evidente, anche di tutti voi...) e la nostra
grande tradizione di coraggio, umanità e solidarietà.

Ve li invio in allegato, sperando che possano interessare almeno a qualcuno di voi.

La diplomazia soffre di tanti infondati stereotipi. Abbiamo per caso avuto, in questi giorni, occasione di
parlarci.

Vi invito a farvi portavoce di quanto avete appreso su di noi e sul nostro lavoro.

Con un cordiale saluto a tutti.



Cari Soci,

si riporta di seguito la trascrizione del servizio dedicato alla Farnesina giovedì scorso dal Magazine settimanale del "Corriere della Sera".
In calce, si propone l'articolo del "Giornale" del 30 aprile scorso, che anticipa la pubblicazione sulla rivista "Nuova Storia Contemporanea" di un saggio sulla vicenda che vide protagonisti due diplomatici italiani impegnati nel favorire la fuga di ebrei polacchi dalla Varsavia occupata dai nazisti: Mario Di Stefano e Giovanni Vincenzo Soro. Una volta pubblicato il saggio, sarà nostra cura proporvelo integralmente.

cordialmente,
la segreteria


“Corriere della Sera Magazine”, 1 maggio 2008, pp. 68-69


LA “SECOND LIFE” DELLA FARNESINA

CAMBIO GENERAZIONALE. APERTURA DI AMBASCIATE IN KOSOVO E MOLDOVA. VISIONE PIÙ "COMMERCIALE".
UNA RIVOLUZIONE CULTURALE BIPARTISAN INVESTE IL MINISTERO DEGLI ESTERI. PORTANDOLO PURE NEL "MONDO VIRTUALE" DI INTERNET

di STELLA PRUDENTE

Prodi ha ritirato le truppe dall'Iraq e il Cavaliere si è già rischierato con Israele. Ma ci sono alcune grandi questioni, come la sicurezza energetica dell'Italia o la sua capacità di cavalcare la globalizzazione, che non possono essere affrontate voltando pagina a ogni governo. Per questo alla Farnesina è in atto ormai da anni una profonda “rivoluzione culturale”, proprio per dare coerenza e strumenti adeguati a un Paese che ha cambiato 16 legislature in sessant'anni e nella politica estera ci investe soltanto lo 0,11 % del Pil. È partita nel precedente governo Berlusconi, proseguita nel biennio dalemiano e andrà avanti, inevitabilmente, anche con il nuovo ministro. Tutti consapevoli che «le sfide planetarie presuppongono un quadro di riferimento comune», come hanno detto in coro Luca di Montezemolo, D'Alema e Franco Frattini in una tavola rotonda alla Luiss solo un paio di settimane prima del voto. Quella volta sì, che si respirava davvero un clima da larghe intese. Per una migliore proiezione internazionale del sistema Italia, con il suo tessuto di imprese, realtà locali, ong, il ministro degli Esteri uscente aveva avviato in novembre un gruppo di riflessione strategica sugli scenari a lungo termine. Ne è uscito il "rapporto 2020", a cui hanno contribuito militari, industriali, think tank di entrambi gli schieramenti, lo stesso Frattini quand'era ancora Commissario europeo. L’attuale numero uno diplomatico della Farnesina, il segretario generale Giampiero Massolo, confida che il gruppo di riflessione di D'Alema diventi un "tavolo permanente" per dare un peso politico all'assioma di berlusconiana ispirazione che il ministero degli Esteri deve perfezionarsi come "gestore di rete" ­ forte dei suoi 360 uffici in tutto il mondo - e l'ambasciatore del futuro sarà un "manager del sistema Italia". C'è aspettativa, quindi, sull'integrazione nella Farnesina del Commercio Internazionale.
Anche qui, il consenso politico è quasi unanime, ma si cerca ancora di quantificare la portata di uno tsunami che coinvolgerà luoghi fisici e persone, e comporterà anni e anni di interventi e paziente bonifica per salvaguardare il ruolo dell'Ice, l'ente pubblico a cui spetta la promozione dei rapporti economici e commerciali italiani con l'estero.
Per portarsi avanti, i giovani diplomatici che lavorano al progetto che potremmo definire "Farnesina today" hanno messo in piedi un oleato meccanismo di riforma che riguarda organizzazione, strumenti e personale. Intanto è partito un gruppo di lavoro "sistema Paese": al suo interno c'è un tavolo di concertazione con il compito di orientarne l'attività ("steering group") con diplomatici, rappresentanti di Confindustria, Ice, mondo bancario. Si è aggiunta poi una struttura ad hoc per i rapporti con le realtà produttive e le autonomie locali nelle loro attività con l'estero. Sempre Frattini, in campagna elettorale, lamentava una «balcanizzazione in cui ognuno va da sé», e «non solo le regioni ma addirittura le città vogliono stringere accordi internazionali e commerciali, creando indubbiamente problemi». Anche per evitare questo rischio lo steering group sta elaborando un metodo di valutazione delle iniziative all'estero da «incrociare» con quelli delle aziende, con lo scopo di «monitorare i seguiti delle missioni Governo/Confindustria e migliorarne la pianificazione» spiega il portavoce del ministero, Pasquale Ferrara. Il piano di ristrutturazione della rete prevede chiusure di sedi, accorpamenti di funzioni, e l'apertura di nuove ambasciate, come quelle in Kosovo e Moldova, oltre a consolati in Russia, Cina e India.


IL FUTURO? TUTTO DIGITALE
Dal punto di vista delle gerarchie, invece, al sistema piramidale se ne va sostituendo uno più agile e "operativo" con due vice del segretario generale. Il primo si occupa del funzionamento e messa a punto della macchina (ricopre ora l'incarico Carlo Maria Oliva) e l'altro (non ancora nominato) dovrà coordinare la posizione dell'Italia sulle questioni-chiave della politica internazionale.
In prospettiva, «per la carriera diplomatica vi dovrà essere una gestione più razionale e attenta delle risorse umane», illustra Ferrara, mettendo l'accento sull'importanza del rinnovo generazionale. Ma il fiore all'occhiello è la svolta tecnologica, che verrà presentata al Forum PA di maggio: si va dal "Consolato digitale" - che partirà entro la metà del 2009 con la carta d'identità elettronica e l'iscrizione online per l'anagrafe degli italiani all'estero - all'Istituto Italiano di Cultura su Second Life. L'investimento nell’innovazione è aumentato del 32% negli ultimi due anni. Al passo coi tempi per non restarne schiacciati. E un nuovo esecutivo che si insedia mentre siamo nel Consiglio di Sicurezza, solo un pugno di mesi prima della presidenza italiana del G8.

***

IL COMMENTO

LA LINEA DEL BUONSENSO
DI MAURIZIO CAPRARA

Fino all'anno scorso, se un ambasciatore con uffici ben forniti di carta e di penne trovava nel bilancio della sua ambasciata soldi superflui nella voce per la cancelleria, neanche Ercole avrebbe potuto aiutarlo: era impossibile spostare il danaro in un altro capitolo sprovvisto di fondi con il passare dei mesi. In alcune delle 120 ambasciate italiane, le bollette della luce potevano risultare vittime del benessere imposto alle biro. Sull'energia elettrica, varie sedi sono state costrette a risultare morose. Nell'Italia del terzo millennio il buonsenso è spesso rivoluzionario. Sovversivo. Perciò sono occorsi anni per estirpare quel retaggio del passato che vietava una certa flessibilità nelle spese. È giusto che il danaro pubblico sia sorvegliato, nello Stato ce ne sono di sprechi da eliminare. Ma il nostro Paese taglia annualmente i fondi per la politica estera e sarebbe ora di rinunciare a una perversione della nostra burocrazia, l'attrazione per meccanismi contrari alla ragione. Dunque ben vengano i passi ulteriori nella riforma della Farnesina. Non ci si illuda però di essere arrivati. Esistono consolati diventati inutili, ne mancano altri dove servirebbero. Se un funzionario assegnato al Medio Oriente vuole studiare l'arabo, lo fa nel tempo libero. Per il personale non diplomatico non c'è un sistema di valutazione delle prestazioni fornite: chi è bravo vale quanto chi non lo è, chi è pigro vale quanto chi lavora. Da ministro degli Esteri ad interim, Silvio Berlusconi fece ingaggiare società di consulenza per una ristrutturazione. Produssero uno studio pieno di vocaboli inglesi che non cambiò le cose. Adesso non servono attese messianiche di business development director, partnership, benchmark. Si ricorra al buonsenso. Ne può derivare una sana rivoluzione.

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Il Giornale, 30 aprile 2008, p. 30

FUGA PER LA VITTORIA GRAZIE A DUE ITALIANI

di Filippo Maria Battaglia

Ottobre 1939: da poco più di un anno l’Italia ha iniziato ad emanare le leggi razziali. Gli ebrei sono espulsi “dalle scuole del Regno”, “sollevati dagli incarichi e dalle cattedre universitarie”, cacciati dagli impieghi pubblici. Nel frattempo, a Varsavia il capo della polizia di sicurezza nazista, Reinhard Heydrich, dà ordine di costituire il Consiglio ebraico, il cosiddetto Judenrat. Ed impone la concentrazione degli ebrei: circa 150.000 persone devono essere aggregate in un’unica area entro tre giorni. Nel marzo del 1940, la zona sarà definita “infetta”. Il 27 dello stesso mese lo Judenrat riceverà l’ordine di costruire un muro perimetrale: cingerà ciò che resterà tragicamente noto come “Ghetto di Varsavia”.
In quelle settimane, due diplomatici italiani, Mario Di Stefano e Giovanni Vincenzo Soro, spesso con il tacito consenso di alcuni dei più alti gerarchi fascisti, salveranno migliaia di polacchi ebrei. Fino ad oggi, la notizia è rimasta praticamente inedita. La vicenda è ora raccontata da Sergio L. Minerbi nel numero della rivista “Nuova Storia Contemporanea”, diretta da Francesco Perfetti (Le Lettere, pagg. 168, euro 10,50), che sarà in libreria da lunedì prossimo.
Dopo l’occupazione nazista di Varsavia, il 29 settembre 1939 quasi tutto il personale dell’ambasciata italiana di stanza in Polonia abbandona la capitale e, insieme con il governo polacco, va in Romania. Da lì, dopo venti giorni, fa rotta in Italia. L’unico che non rientra è Vincenzo Soro, a cui nei giorni seguenti è trasmessa “l’autorizzazione tedesca a recarsi per 15 giorni a Varsavia per chiudere l’Ambasciata”. Resterà lì per sette mesi e insieme con Mario Di Stefano salverà dallo sterminio nazista migliaia di ebrei e di aristocratici polacchi.
In Polonia, le notizie di deportazioni e di stermini di massa sono all’ordine del giorno. Di una Soro è addirittura testimone oculare: “A quell’epoca, - racconta il diplomatico in una testimonianza inedita rilasciata allo stesso Minerbi e pubblicata dalla rivista – fui per combinazione presente a un eccidio effettuato dalle truppe tedesche in un parco nelle immediate vicinanze di Varsavia”. Dopo la strage, il diplomatico decide così di scrivere “due rapporti che Ciano (allora ministro degli Esteri, ndr), non voleva presentare a Mussolini per non farmi passare dei guai, ma io lo pregai di farlo lo stesso, e infatti vennero consegnati direttamente a Mussolini”.
Le due relazioni hanno l’effetto sperato: “Ricevetti subito una risposta dal Conte Vidau (plenipotenziario al ministero degli Esteri, ndr), il quale mi autorizzò a rilasciare i visti necessari per salvare polacchi ebrei e non ebrei. Cominciai così a rilasciare i visti mentre in strada si allungava la fila dei richiedenti”.
Tra questi, c’è anche il rabbino capo di Gòra Kalwaria, Avraham Mordechai Alter, che in Polonia viene chiamato il “Papa degli ebrei”: con oltre 100.000 fedeli, la sua è una delle più importanti comunità di Hassidim in Polonia. In quella circostanza è Mussolini stesso – racconta Soro – a darmi istruzioni di ottenere che Alter e la sua famiglia potessero espatriare e recarsi in Palestina”.
Passano diverse settimane, ma il flusso di richieste non diminuisce. La disponibilità italiana è ormai sospetta, tanto che al consolato si affollano affaristi che tentano di farsi consegnare il visto più volte per poi rivenderlo. E giorno dopo giorno Berlino diventa sempre più diffidente verso i diplomatici stranieri a Varsavia.
Di Stefano decide così di scrivere all’ambasciata italiana a Berlino, sempre più sollecita a fare pressioni per “un tempestivo rientro”. La risposta di Bernardo Attolico, allora a capo della missione tedesca, è immediata: in un telespresso del 28 dicembre 1939 ricorda “l’opportunità di limitare il nostro interessamento presso le autorità del Reich in favore di cittadini polacchi, soltanto ai casi in cui si possa invocare l’esistenza di un interesse italiano”.
Alle pressioni di parte nazista seguono pure gli ostacoli burocratici. “A un certo punto i tedeschi mi domandarono: ma come può rilasciare dei visti per l’Italia se il vostro governo ha deciso l’espulsione degli ebrei stranieri?”. Per Soro, l’unica soluzione resta il visto di transito: “Per renderli plausibili, chiesi ad un amico, che era il Console onorario di Santo Domingo, di darmi il suo timbro. Egli accettò ed io apponevo su una pagina il timbro del visto italiano e sull’altra quello di Santo Domingo”.
Ma i guai non sono destinati a diminuire. Adesso l’obiezione dei nazisti è un’altra: “Come andranno a Santo Domingo senza biglietti di imbarco?”. Soro si rivolge così all’agenzia “Italia”, chiedendo “un pacco di biglietti di navigazione in bianco che riempivo di volta in volta e i numeri dei quali sarebbero stati comunicati alla sede centrale affinché non fossero onorati”.
Le attività sono così frenetiche che – complice il Ministero – Di Stefano e Soro mandano a Roma gli elenchi nominativi solo dopo aver già concesso i visti, senza chiedere quindi alcuna autorizzazione preventiva. Contravvenendo alla legge, i passaporti sono compilati solo una volta arrivati a Varsavia dagli stessi diplomatici italiani.
Finiti anche quelli, - continua Soro – “ci trovammo nell’impossibilità di aiutare le centinaia di ebrei che volevano abbandonare la Polonia. Pensai allora di emettere dei passaporti collettivi”. Il ministero degli Esteri è informato quasi quotidianamente; la sua complicità – come conferma il diplomatico – è evidente: “Fui sempre aiutato dal Conte Vidau, con la completa cognizione di Ciano che coprì sempre tutte queste attività”.


Presto però la condotta dei due diplomatici italiani diventa un vero e proprio caso politico: il 18 marzo 1940, durante l’incontro del Brennero, è Hitler in persona a chiedere a Mussolini la rimozione di Mario Di Stefano. Lo stesso giorno, Soro è costretto ad abbandonare Varsavia. Negli ultimi cinque giorni è riuscito comunque a concedere altri mille visti. Saranno utili a salvare altrettante vite umane dal più tragico sterminio del secolo scorso.

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04 maggio, 2008

Girolamo Segato l'uomo che pietrificava i morti

Girolamo Segato (1792-1836), cartografo, naturalista, sperimentatore, figlio di quell'Illuminismo curioso e scientista che rappresenta uno dei periodi più fecondi nella storia del pensiero umano. Anche se non era fiorentino di nascita, Segato lavorò a Firenze per diversi anni e molti dei preparati da lui realizzati sono oggi conservati, dopo travagliate vicende, all'interno del Museo del Dipartimento.



Girolamo Segato fu uno scienziato e ricercatore molto più simile ad un Indiana Jones ante-litteram che al classico scienziato in veste bianca e stetoscopio in tasca.




Personaggio insofferente agli studi scientifici classici cominciò a viaggiare per il mondo.. Non bisogna dimenticare che nel 1798 Napoleone organizzando la grande spedizione in Egitto con al seguito i più brillanti geologi, archeologi e letterati del periodo aveva creato il brivido e la suggestione dell'oltretomba egizio, per il ritrovamento di molte mummie con un considerevole numero di anni.



A questo fascino non si sottrasse ovviamente il nostro eroe che, raggiunta l'età per viaggiare partì per l'Egitto e li visse per diversi anni anche rischiando la vita con le tribù arabe che assaltavano le spedizioni che esploravano l'interno del paese. Rischiò la morte per essere stato morso da un serpente mentre riposava in una antichissima tomba egizia.



Dopo queste ed altre avventure tornò in Europa e decise di stabilirsi a Firenze, qui decide lasciare i panni di Indiana Jones e dedicarsi allo studio della pietrificazione. Diviene amico della famiglia Rossi e conobbe Isabella la donna che riceverà in regalo due pesciolini pietrificati col metodo da lui inventato(?) e in seguito due gocce di sangue pietrificate, il proprio, le donne anche il sangue vogliono . Le autorità mediche sanitarie di Firenze ed i docenti di Anatomia gli negano qualsiasi aiuto per reperire materia da pietrificare giudicando i suoi studi contrari ad ogni etica professionale.




Anche il clero è contro il Dr. Segato perché secondo il dogma "polvere sei e polvere ritornerai" gli nega qualsiasi appoggio. Questi ostacoli non compromettono la sua fama e fra il 1832 e il 1836 paesi come la Francia ,Russia e America richiedono i sui servigi ma lui sempre rifiuta dicendo "la mia seduttrice mi tien forte" alludendo a Firenze la città che ha amato senza essere ricambiato.



Morirà poverissimo e verrà sepolto nella chiesa di Santa Croce a Firenze portando con se il segreto della mummificazione. I suoi lavori vennero deposti nel Museo Fisiologico dell'Ospedale di S. Maria Nuova prima della sede definitiva nel Museo delle Scienze di Firenze. Sfortunatamente l'alluvione del 1966 si è portata via, insieme a le altre cose, la collezione Segato.

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03 maggio, 2008

Perchè ricordare solo Hiroshima e Nagasaki ? 9/10 marzo 1945 Bombardate Tokyo



Il primo bombardamento avvenne su Kobe il 3 febbraio 1945, ed a seguito del suo relativo successo, venne deciso di continuare questa tattica.
Il primo di tali raid su Tokio avvenne nella notte dal 23 al 24 febbraio, quando 174 B-29 distrussero circa 2.56 km² della città. Proseguendo su quello sforzo, 334 B-29 presero il via dalle isole di Marianne nella notte fra il 9 e 10 marzo con destinazoione Tokyo. Robert Guillain, un giornalista francese che viveva a Tokio e che fu testimone dell'attacco, lo descrisse in questi termini:

« Iniziarono a bombardare nuovamente, seminando il cielo di tracce di fuoco. Scoppi di luce balenarono dappertutto nell'oscurità come alberi di Natale, alzando le fiamma alte nella notte per poi precipitare di nuovo a terra in una tempesta di scintille. Tre quarti d'ora dopo le prime incursioni, il fuoco, frustato dal vento cominciò a far divampare quella città di legno come un falò. Le scintille precipitando lungo i tetti come una rugiada in fiamme, appiccavano il fuoco a tutto ciò che incontravano sul loro cammino. Era la prima comparsa del napalm. Crollarono, sotto l'impatto delle bombe, le fragili case fatte di legno e di carta, illuminate dall'interno come lanterne colorate. »

Dopo 2 ore di bombardamenti, Tokyo era avvolta in una tempesta di fuoco. Le fiamme erano così calde da incendiare gli abiti della gente che fuggiva per mettersi in salvo. Molte donne portavano in testa una acconciatura che si trasformò nello stoppino di una candela. L'Ufficio di Storia giapponese di Tokyo stabilì che 72.489 giapponesi caddero sotto i bombardamenti della città.
Vennero distrutti circa 41 km² della città di Tokyo a seguito di questo bombardamento. La sorte peggiore toccò al settore della città sito ad est del Palazzo Imperiale.
Nelle due settimane successive vi furono almeno altre 1.600 incursioni contro le quattro maggiori città che distrusseroo 80 km² con la perdita di solo 22 aerei. Vi fu poi un terzo raid su Tokyo il 26 maggio.


I raid con il napalm non furono i soli lanciati sulla città,; vi furono altri raid con bombe tradizionali ad alto potere distruttivo. Con la presa di Okinawa, l'VIII Squadra aerea venne trasferita lì dall'Europa ed iniziò le sue incursioni. L'intensità dei bombardamenti crebbe così mese dopo mese passando da 13.800 tonnellate di bombe a marzo alle 42.700 a luglio e si era stabilito di arrivare a 115.000 tonnellate in ognuno dei mesi successivi.

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Jim Jones



Jim Jones nacque a Lynn, un piccolo villaggio situato nel confine dell'Ohio. Suo padre, James Jones, iscritto al Ku Klux Klan, era tornato dalla prima guerra mondiale con un problema al polmone talmente grave che gli fu data l'invalidità. L'indigenza della familia spinse Jim a frequentare le chiese del villaggio, appassionandosi ad improvvisare dei sermoni con gli amici e a bacchettare chi facesse rumore durante il salmo. Più tardi lasciò Lynn per andare a lavorare come inserviente nell'ospedale "Reid Memorial" a Richmond. Lì conobbe Marceline Baldwin, sua futura moglie che lo accompagnerà fino alla fine della sua vita. Si trasferì con Marceline a Indianapolis dove fondò la sua prima chiesa, People's Temple Christian Church.
Alla ricerca di adepti Jones si spostò continuamente negli Stati Uniti.A Mendocino, in California, fondò una cooperativa agricola. Nel 1972, si trasferì a San Francisco. La comunità che si batteva contro la speculazione edilizia e gli sfratti, propugnando una sorta di socialismo apostolico, raccolse numerosi diseredati, soprattutto di colore.

Jones appoggiò il candidato democratico George Moscone, che venne eletto sindaco di San Francisco; quest'ultimo nominò Jones membro della Commissione interna comunale. Ma Jones iniziava a dare segni di squilibrio; asseriva di essere in grado di compiere miracoli e le prime voci di molestie sessuali nei confronti di alcuni adepti cominciarono a diffondersi.
Messo sotto accusa da più parti, Jones si accordò segretamente con il governo della Guyana per ottenere alcuni lotti di terreno nella giungla. Nell'estate del 1977, più di mille persone si trasferirono con un ponte aereo di cargo e voli charter nella nuova "terra promessa" di Jonestown, voluta e creata dal reverendo in mezzo alla fitta vegetazione e isolata dal mondo esterno. Jones scelse quel posto perché lo riteneva luogo ideale per pregare e salvarsi da un olocausto nucleare.
Nel 1978 il deputato californiano Leo Ryan si recò in visita a Jamestown assieme ad un gruppo di giornalisti per verificare cosa accadesse nella comunità; durante la sua permanenza, ricevette un biglietto di aiuto e denuncia per le condizioni di schiavitù in seno alla comunità. Ma le guardie del corpo di Jones scoprirono il tradimento e uccisero a colpi di mitra il deputato e la sua scorta.


Il giorno seguente, il 18 novembre 1978, il reverendo Jones annunciò alla comunità che "per difendersi dall'imminente invasione delle forze del Male" tutti i fedeli del People's Temple avrebbero dovuto uccidersi: fece distribuire un cocktail di Kool Aid al cianuro dopo aver loro promesso un aldilà utopistico.
Il reverendo venne trovato morto con un colpo di proiettile alla testa; attorno a lui giacevano i corpi di 911 persone. I sopravvissuti del People's Temple furono 122, tra cui il figlio di Jones.

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02 maggio, 2008

Mutazioni genetiche in Vietnam

Agente Arancio era il nome in codice, usato dall'esercito statunitense, per indicare un erbicida usato ampiamente dagli Stati Uniti durante la Guerra del Vietnam, tra il 1961 e il 1970. L'Agente Arancio è un liquido incolore: il suo nome deriva dal colore delle strisce presenti sui fusti usati per il suo trasporto. L'impiego militare ufficiale era per rimuovere le foglie degli alberi e negare la copertura ai Viet Cong.
Si scoprì che l'Agente Arancio ha come sottoprodotti delle diossine altamente tossiche ritenute responsabili di malattie e difetti alla nascita sia nella popolazione vietnamita che nei veterani di guerra statunitensi. Si è anche scoperto che ha proprietà cancerogene, che colpiscono principalmente le donne, e teratogene.



Un rapporto dell'aprile 2003, finanziato dall'Accademia Nazionale delle Scienze, concluse che durante la guerra del Vietnam, 3.181 villaggi vennero irrorati direttamente con erbicidi. Tra i 2,1 e i 4,8 milioni di persone "sarebbero state presenti durante le irrorazioni". Inoltre, molto personale dell'esercito USA venne irrorato o venne a contatto con gli erbicidi mentre si trovava in zone irrorate di recente. Lo studio venne originariamente intrapreso dall'esercito USA per avere un miglior conteggio di quanti veterani prestarono servizio in aree irrorate. Ai ricercatori venne dato accesso alle registrazioni militari e ai fascicoli operativi dell'aeronautica statunitense, che non erano stati studiati in precedenza. La nuova stima fatta dal rapporto pose il volume di erbicidi irrorati tra il 1961 e il 1971 ad un livello di 7.131.907 litri in più, rispetto a una stima incorretta pubblicata nel 1974 e di 9,4 milioni superiore a un inventario dello stesso anno. L'Agente Arancio venne prodotto sotto contratto per l'esercito da Diamond Shamrock, Dow Chemical Company, Hercules, Monsanto, T-H Agricultural & Nutrition, Thompson Chemicals, e Uniroyal.

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01 maggio, 2008

Vini medicinali in farmacia



Alla fine del diciannovesimo secolo l’industria farmaceutica è in piena effervescenza per la riscoperta delle virtù curative, presunte o reali, dei semi, delle foglie e delle cortecce delle piante aromatiche. Il medico svizzero Pierre Ordinaire, nei suoi tentativi di stimolare l’appetito dei pazienti, preparò un elisir utilizzando due varietà di assenzio (vero e pontico), la genziana, il finocchio, l’anice, il coriandolo e la melissa, ingredienti che mise a macerare in alcol, ottenendo di sentirli dichiarare di essere «completamente guariti». L’assenzio diventò un aperitivo celebre in Francia, prima di essere proibito con il pretesto di essere stato all’origine di problemi di salute. Una preparazione che contenga qualche elemento amaro stimola i succhi gastrici, oltre ad avere altre virtù terapeutiche; si arriva così a utilizzare la radice di genziana in diversi decotti. Pezzetti di questa radice macerati in alcol rendevano il medicamento molto amaro ma lo si migliorava con un decotto di vaniglia, arancia e altre piante aromatiche . Con lo scopo di ottenere un amaro più forte, si moltiplicavano le piante per arrivare, ad esempio, a quell’«elisir di forza, salute e vita», l’italiano Fernet Branca, lo Jägermeister tedesco o l’Angostura delle Antille…

Proprio in questo periodo di ribollire di idee giunge a Parigi, nel 1863, un tal Ange Mariani (1838-1914), nato in Corsica e rampollo di una famiglia di medici e farmacisti. Mariani scopre autori antichi che descrivono come gli Incas, grazie a un pugno di foglie di coca «…possano camminare senza mangiare e due volte più velocemente e altre cose simili». Mariani si interessa alla foglia dell’arbusto che si chiama coca e che contiene (lo sappiamo da poco) un alcaloide chiamato cocaina… Fa dunque costruire a Neuilly-sur-Seine una serra dove coltiva diverse varietà di piante di coca, testando gli effetti della macerazione delle foglie nel vino, utilizzando l’alcol come solvente.
Da buon commerciante si preoccupa del sapore del suo prodotto scegliendo un vino Bordeaux ed eliminando le foglie più amare (che hanno un alto tasso di cocaina) per utilizzare solo quelle dal sapore migliore. Le prove continuano e l’otorino Charles Fauvel gli fa notare che la sua preparazione ha effetti anestetici; da qui la prima uscita, nel 1871, del Vin Mariani proposto ai cantanti. In effetti, un bicchiere di vino bevuto prima della rappresentazione migliorava sensibilmente la qualità della voce. A questi seguirono gli attori… tra i quali Sarah Bernhardt, solita vuotare d’un sol fiato, nel suo camerino, un bicchiere di Vin Mariani prima di entrare in scena. Il Vin Mariani giunge fino alle più alte sfere della chiesa, da che Sua Santità Leone XIII fa coniare una medaglia in oro con la «venerabile effigie» di Mariani quale ricompensa per «…averlo sostenuto durante il suo ritiro ascetico con una bottiglia di vino che non era mai vuota». Da uomo di marketing ante litteram Ange Mariani usa questa medaglia negli annunci pubblicitari e si premura di spiegare che, per non dare adito a gelosie, si vede costretto a esibire le testimonianze di Zadoc Khan e del Rabbino Capo di Francia.


Affidandosi al grande disegnatore di affiches Chéret, fa stampare un manifesto in francese e in inglese perché pensa già ai mercati anglosassoni. Apre uffici a Londra (al numero 83 di Mortimer Street), a Montreal (al numero 87 di Saint James Street) e a New York (al 52 West della Quindicesima Strada). Il suo vino conosce un successo senza precedenti, tanto da rendere l’inventore un milionario riverito da medici, re, papi, intellettuali. E pazienza per le sue palpebre cadenti, la testa a forma di pera… è ricevuto ovunque, perché la pubblicità l’ha reso celebre quanto il suo prodotto.

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